CATANIA – A pochi giorni dall’esclusiva, targata QdS, sul poderoso ricorso presentato al Tribunale di Catania dallo staff legale di Salvo Pogliese, ai sensi degli artt.. 700 e 702 del c.p.c., avverso i vizi della legge Severino – che ha portato alla sospensione del sindaco, condannato in primo grado a quattro anni e tre mesi per peculato nell’ambito dell’inchiesta sulle spese pazze all’Ars – abbiamo interpellato la costituzionalista Ida Nicotra, ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Catania e già componente del Consiglio dell’Autorità Nazionale anticorruzione, per capire quali sono i possibili scenari dell’intricata vicenda.
Professoressa Nicotra, il sindaco Pogliese ha presentato un ricorso per sollevare nuove questioni di legittimità costituzionale: che possibilità ha di tornare a Palazzo degli Elefanti?
“Non conosco la vicenda del ricorso, non conosco le motivazioni, né tanto meno conosco bene, se non per averne letto sui giornali, la vicenda del processo penale. Quindi faccio delle considerazioni da costituzionalista. Non è la prima volta che accade che un amministratore locale venga coinvolto da vicende simili a quelle del sindaco Pogliese e quindi che entri in gioco la Legge Severino”.
Secondo lei questa legge presenta vizi di legittimità costituzionali? Se sì, quali?
“La Legge Severino, che nasce in tempi positivi, cioè per evitare che vi sia nella gestione della cosa pubblica il dilagare di fenomeni di illegalità, mostra dal mio punto di vista talune criticità sulle quali bisognerebbe ragionare in maniera pacata. La prima: la sospensione. Si sospende la carica elettiva, in questo caso il sindaco, per la durata di 18 mesi. Perché non 12 o 36? Sulla base di quale principio il legislatore ha fissato 18 mesi? Non si comprende, perché tale termine non è legato al fatto che poi c’è una sentenza d’appello che conferma la sentenza di condanna di primo grado oppure ribalta quella decisione. La seconda perplessità, che secondo me è la più forte, è legata alla circostanza che la sentenza non definitiva – perché bisogna sottolineare il fatto che si tratta di sentenze di primo grado – comporta la sospensione ma non comporta l’incandidabilità del soggetto. Quindi la persona che viene condannata in primo grado per un reato contro la pubblica amministrazione si può candidare a sindaco ma una volta eletta si può poi sospendere. Ci sono delle incongruenze in questa disciplina normativa e, tuttavia, la Corte costituzionale ha ritenuto più volte questa disciplina conforme a Costituzione”.
Ci può citare qualche precedente?
“Faccio un esempio: il caso famoso di De Magistris, il sindaco di Napoli, condannato in primo grado per abuso d’ufficio – reato che mostra criticità nel senso che è una fattispecie molto a maglie larghe, per cui tanti processi che vedono in primo grado la persona condannata si concludono poi con l’assoluzione, eppure anche in questo caso la disciplina prevista dalla Legge Severino prevede la sospensione. Così è stato per il sindaco De Magistris. L’ordinanza del Tar Campania ha sollevato la questione di legittimità costituzionale alla Corte costituzionale, la quale ha detto che la legge era conforme a Costituzione e quindi ha annullato la sospensione del Tar Campania che aveva rimesso in carica il sindaco e in Appello il sindaco è stato assolto. Tutto questo ha dei risvolti perché vi è dall’altra parte il diritto di elettorato passivo del soggetto che si candida e vi è anche l’investitura popolare, cioè il fatto che i cittadini hanno votato questa persona. C’è anche l’art. 27 della Costituzione che dice che la persona non è colpevole fino a sentenza definitiva, quindi il principio di non colpevolezza. La Corte costituzione sostiene che non è una sanzione, non ha il contenuto dell’afflittività ma è un provvedimento cautelare che dura 18 mesi. Come si fa però sostanzialmente a dire che non ha una carica afflittiva se comunque c’è questa sospensione, c’è quindi il fatto che al posto del sindaco ci sarà il vice sindaco e il fatto che la cittadinanza viene privata della persona che ha votato per svolgere le funzioni di primo cittadino? Ritengo che una riflessione seria, pacata su questa legge andrebbe fatta per risolvere queste criticità”.
Quali sono le altre incogruenze?
“C’è un ultimo aspetto che desta qualche profilo di contraddizione: tutto quello di cui abbiamo parlato vale per gli amministratori locali e vale diversamente per i deputati nazionali. Cioè il deputato nazionale non viene sospeso per una sentenza di condanna di primo grado ma in quel caso vale il principio della sentenza definitiva di condanna, che porta alla decadenza. Non comprendo perché il principio di eguaglianza in questo caso non debba valere. Dal mio punto di vista, che sono costituzionalista e sono garantista, è giusto il principio della non colpevolezza fino a condanna. È chiaro che in tutto questo bisogna bilanciare con i principi della integrità della persona che va a svolgere un incarico pubblico, del buon andamento, dell’imparzialità della Pubblica amministrazione perché le Legge Severino tiene conto di questi principi. Tale legge è il frutto di una legislazione che vuole arginare quei fatti di illegalità e di corruzione che nel nostro Paese ci sono stati, soprattutto all’indomani degli anni Novanta però bisogna trovare un bilanciamento”.
Può farmi un esempio?
“Si potrebbe far scattare la sospensione dopo la sentenza d’appello, laddove ci sono già due gradi di giudizio che condannano la persona. Se, per tornare all’esempio precedente, il sindaco De Magistris avesse ceduto alle pressioni dell’opinione pubblica sulle dimissioni, si sarebbe trovato poi assolto e dimesso dalla funzione di sindaco. C’è qualcosa che non funziona: ragionando su tutti i profili e su tutti gli interessi costituzionali che ci sono in gioco, dal mio punto di vista si dovrebbe riflettere su un aggiustamento di questa legge, alla luce dei principi che emergono dalla Costituzione italiana”.