PALERMO – Nella sala “Pio La Torre” dell’Assemblea Regionale Siciliana a Palazzo d’Orleans, si è tenuta ieri la conferenza stampa organizzata da Anci Sicilia per la presentazione del Dossier sul costo dei rifiuti in Sicilia. Hanno partecipato Paolo Amenta e Mario Emanuele Alvano, rispettivamente presidente e segretario generale dell’Anci Sicilia, Raphael Rossi, professionista esperto nella progettazione e gestione dei rifiuti, Roberto Cavallo, esperto di economia circolare e comunicazione ambientale, che hanno contribuito alla realizzazione del dossier oggetto della conferenza stampa e l’avv. Giovanni Gerenti, Esperto di diritto amministrativo. Presenti anche i componenti del direttivo Anci Sicilia e diversi sindaci siciliani.
“Il motivo per cui abbiamo convocato una conferenza stampa sul costo dei rifiuti – ha detto nella sua introduzione il presidente Amenta non è legato a posizioni di parte o a un’azione di protesta o di critica nei confronti del Governo. Ci troviamo nella sede del Parlamento siciliano perché vogliamo che sia chiara la nostra volontà di parlare a tutte le forze politiche, sia di maggioranza sia di opposizione. Il nostro obiettivo primario è quello di voler elevare il livello del dibattito pubblico sul tema dei rifiuti fornendo dati ma, soprattutto, offrendo proposte”.
“Da tempo come Anci Sicilia – ha continuato Amenta – denunciamo con attenzione le criticità del sistema integrato dei rifiuti e più volte abbiamo sollevato il tema dell’insostenibilità dei costi che ingessano i bilanci comunali e che incidono pesantemente sui cittadini, aggravando complessivamente le situazioni economiche delle famiglie e delle imprese. Questa conferenza stampa ha l’obiettivo di fornire, per la prima volta, dati scientifici sulla comparazione tra il costo dei rifiuti in Sicilia e quello nelle altre regioni d’Italia. Dai dati che saranno forniti emergeranno le ragioni che ci hanno spinto a presentare un ricorso all’Antitrust per verificare se il costo che praticano gli operatori del settore sia congruo oppure viziato da posizioni dominanti sul mercato”.
Il presidente Amenta ha inoltre illustrato la non rosea situazione economica dei comuni siciliani che “nonostante gli sforzi e gli ottimi risultati raggiunti negli ultimi anni, e lo dimostra il fatto che oggi molti comuni siciliani raggiungono il 70% della raccolta differenziata, questi non hanno contribuito ad un abbattimento dei costi, anzi il costo è cresciuto negli anni e molti comuni si trovano a rischio dissesto anche per i maggiori costi dell’energia”.
“La strada maestra – ha detto il segretario generale dell’Anci Sicilia Mario Emanuele Alvano – è stata quella di realizzare un’analisi scientifica super partes alla luce della quale è stato doveroso, a tutela dei costi che i Comuni sostengono e che ricadono sui cittadini, presentare il ricorso all’Antitrust”. Malgrado la raccolta differenziata, che al 2022 secondo i dati di Legambiente, ha superato il 65% su 274 comuni siciliani, per una popolazione complessiva di 2.386.559 abitanti, i prezzi praticati in Sicilia sul trattamento, conferimento in discarica, selezione e compostaggio, sono abbondantemente superiori rispetto a quelli praticati nel resto d’Italia. I dati presentati dal dossier si riferiscono a tutte le tipologie di rifiuti: indifferenziato, Rur, umido e altre frazioni e “il costo a tonnellata – ha precisato Roberto Cavallo – è stato determinato tenendo conto dei diversi fattori che lo compongono, ossia costi gestionali, energia, acqua e costi del personale”.
Dall’analisi di benchmark presentata emerge che la tariffa degli impianti di pretrattamento del RUR (Rifiuto Urbano Residuo, ndr) varia da 85,71 a 102,85 euro mentre la tariffa relativo al conferimento in discarica evidenzia l’anomalia siciliana: mentre in Sardegna il costo per tonnellata è pari a 97,07 euro e nel Lazio raggiunge i 160 euro, in Sicilia raggiunge i 207 euro per il Comune di Sciacca e i 220 euro per i Comuni di Porto Empedocle e Realmonte.
Anche il costo concernente alla preparazione dei rifiuti al riciclo vede nuovamente la Sicilia al primo posto, con un costo relativo alla selezione di plastica e metalli che varia dai 207 ai 220 euro a tonnellata a fronte di un costo di 100 euro nel caso della discarica di Bagnoregio, nel Lazio, e di 96 euro nel caso della discarica di Pavia. Il costo della tariffa di compostaggio, forse quello con variazioni più contenute, vede la Sicilia con un costo per tonnellata pari a 164 euro a Porto Empedocle, 210 euro a Sciacca contro i 140 euro nel Lazio e i 112 euro della provincia di Pavia.
“La profezia del 2016 – ha detto Raphael Rossi – in cui veniva evidenziato che i costi relativi alla Sicilia e alla Liguria avrebbero il valore medio nazionale si è avverata. È evidente che i titolari delle discariche godono di un vantaggio derivante dalla loro posizione dominante sul mercato. Siamo passati da un costo di 100€ per tonnellata a un costo di oltre 300€ per tonnellata. Il paradosso è che il costo dei rifiuti è di 30 centesimi per chilogrammo, superiore a quello delle arance. Quanto succede in Sicilia non è una novità. Altre regioni, nel tempo, hanno dovuto affrontare questo problema ma i vari ricorsi presentati al Cedu ha visto vincitori i comuni che li hanno presentati”.
Come anticipato dal presidente Amenta, l’obiettivo del rapporto è di proporre soluzioni anche intercettando scenari possibili anche perché il trattamento dell’umido e del c.d. tessile in Sicilia rappresenterà la sfida dei prossimi anni e che sarà necessario raggiungere l’80% di differenziata per poter ottenere l’obiettivo di riciclare almeno il 65% del conferito. Diverse le situazioni di criticità presenti che è necessario risolvere. Tra queste il miglioramento della logistica dei trasporti, l’efficenza delle stazioni di trasferenza e della preparazione e avvio al riciclo vista la mancanza, o inadeguatezza, di impianti di compostaggio e di pretrattamento.
Tra le strade da percorrere, secondo Anci Sicilia, c’è l’adozione del piano regionale gestione rifiuti che da mesi è promesso dall’assessorato competente, la creazione di osservatori specifici sui costi, l’adozione di una ecotassa per i territori che non raggiungono obiettivi minimi previsti, la collaborazione con consorzi nazionali compostaggio, come fatto dalla Sardegna, la raccolta porta a porta e bandi per lo smaltimento del differenziato. L’obiettivo è che tutti i comuni debbano poter raggiungere la quota prevista per il riciclo per permettere il trattamento e smaltimento della parte residuale.
A proposito del piano rifiuti, il presidente Amenta ha indicato come “vera urgenza il fatto che la Giunta regionale, prima della validazione del piano rifiuti, si confronti con Anci al fine di renderlo efficace e possibile”. Tra le proposte presentate da Anci anche la realizzazione d’infrastrutture e “in relazione ai termovalorizzatori va presa in considerazione la situazione di partenza della produzione dei rifiuti in Sicilia e l’andamento della raccolta differenziata. A parte i tempi di realizzazione degli impianti, bisogna anche capire quali interventi risultino più urgenti per potere invertire la tendenza e raggiungere l’obiettivo di una diminuzione dei costi. Inoltre è necessario anche individuare quali azioni bisogna porre in essere per accelerare la realizzazione impianti di prossimità che possono contare, da subito, su un abbattimento dei costi”.
A proposito del ricorso all’Antitrust, inoltre, “l’analisi dei costi contenuti nel dossier ci ha imposto di verificare attraverso un ricorso all’Antitrust se vi sia da parte degli operatori un abuso di posizione dominante. Il ricorso, in particolare, si riferisce ai costi applicati da Sicula Trasporti srl i cui impianti, come è noto, sono utilizzati da oltre 170 comuni dell’Isola. Più in generale il ricorso serve anche a comprendere quali siano le ragioni dei costi eccessivi che gravano sul sistema dei rifiuti in Sicilia e come si possa intervenire in maniera efficace per evitare l’impatto negativo sui bilanci comunali, sulle tasche dei cittadini e sull’economia dell’Isola”.
In occasione della conferenza stampa il QdS ha intervistato Roberto Cavallo, esperto di economia circolare e comunicazione ambientale e amministratore delegato della Cooperativa Erica, che dal 1996 si occupa di ambiente sia in ambito comunicativo sia sul fronte della progettazione tecnica, che ha avuto l’incarico da Anci Sicilia di realizzare il dossier presentato.
Siamo in presenza di un paradosso. A regime, sulla base delle indicazioni comunitarie, il conferimento in discarica non dovrà superare il 10% del volume di rifiuti prodotto ma, in Sicilia, abbiamo bisogno di nuove discariche e di ampliare quelle esistenti…
“Valutazione giustissima. Siamo in presenza di un paradosso, che emerge proprio dall’analisi che abbiamo condotto, che possiamo definire l’economia della scarsità. Da un lato abbiamo comuni che investono nella raccolta differenziata sin sulla soglia di casa e lo fanno bene, ma da lì c’è qualcosa che rompe”.
Di cosa si tratta?
“Di una scarsità d’impiantistica di ricevimento, in alcuni casi strutturale perché mancano fisicamente gli impianti, ma che in altri parrebbe indotta da meccanismi di intermediazione. La scarsità reale è quella, per esempio, degli impianti di compostaggio, perché la nostra pattumiera per il 35-40% è composta da umido che deve essere trattato in impianti idonei che non ci sono ma, in altri casi non è così. C’è una sorta d’imbuto da parte di soggetti che prendono in mano il materiale e dovrebbero portarlo agli impianti che aprono a singhiozzo o che non ci sono. Questa è l’economia di scarsità: non si controlla più il prezzo che ricade sugli Enti Locali e sui cittadini che dicono ‘mi impegno ma devo pagare di più’. Più s’inaspriscono le tasse e le sanzioni meno la gente paga e s’innesca un circolo vizioso dal quale è complicato uscire”.
Come uscirne, quindi?
“Credo che ci siano responsabilità anche delle reti nazionali, Utilitalia che rappresenta i soggetti pubblici, Confindustria e Assoambiente per i soggetti privati e i sistemi collettivi che rappresentano le filiere di economia circolare, che devono prendere atto del sistema anomalo e devono riaprire quell’imbuto che sta condizionando il sistema”.
Parliamo di riciclo ma poco di riuso o trasformazione, soprattutto per quanto concerne la conversione del rifiuto in energia…
“Il riuso è un’azione principe per la riduzione dei rifiuti e l’obiettivo deve essere quello di ridurne la quantità prodotta anche tramite il riuso come reale occasione d’impiego. Oltre a questo c’è l’avvio al riciclo e, soprattutto, c’è il comparto energetico, penso alla produzione di biogas basata sull’umido, vista la capillarità delle rete di distruzione del gas che abbiamo in Italia. È necessario però anche pensare al riciclo chimico per produrre idrogeno dalle plastiche eterogenee che ci troviamo tra le mani, che possono essere riciclate almeno per il 55%”.
Sindaci siciliani sul piede di guerra contro il salasso che subiscono i Comuni a causa degli esosi costi di gestione in Sicilia. “Gli extracosti gravano sui già miseri bilanci comunali – afferma Marco Corsaro, sindaco di Misterbianco -. Bene ai termovalorizzatori ma i tempi di realizzazione, stimati almeno in 4 anni, fanno sorgere una domanda: chi paga in questo periodo? È evidente che l’extra costo deve essere assorbito dalla Regione e non dai cittadini”. Orlando Russo, sindaco di Castelmola aggiunge: “Sicula Trasporti è oggi il monopolio. Mentre le altre discariche chiudono, perché non aprire Mazzarà Sant’Andrea?”. “Nelle prossime ore – dice Domenico Venuti, sindaco di Salemi – i comuni che fanno riferimento a Trapani Servizi dovranno conferire in altre zone dell’isola a causa chiusura della discarica di Trapani. Siamo di fronte a un ulteriore aggravio di una situazione già insostenibile”.
E ancora, Leonardo Spera, sindaco di Contessa Entellina, fa notare come “siamo in presenza di una Sicilia a due velocità. Il disastro evidenziato soffre di questo e, la cosa grave, è che la velocità più alta è al di sotto di qualunque dato nazionale. Gli extracosti ci costringono ad avere minore risorse per erogare servizi ai cittadini e il ristoro regionale non è stato adeguato. Anche la tariffa unica di ambito è un sogno”. Luciano Marino, sindaco di Lercara Friddi, chiede di “coinvolgere il governo nazionale. La mancanza dell’impiantistica non è imputabile ai comuni che, però, ne pagano le spese. I titolari degli impianti esistenti ci stanno ricattando e dobbiamo subire le loro maggiori richieste di costo per non lasciare i rifiuti in strada”. Gli fa eco Rossanna Cannata, sindaca di Avola: “Il mio è un comune in dissesto. Le coperture degli extracosti è un aiuto ai cittadini. Oltre che essere rinomati per le nostre bellezze naturali lo siamo anche per dover subire un monopolio inaccettabile”.
Santi Rando, sindaco di Tremestieri etneo, ricorda: “Da anni si affronta questo tema. Abbiamo intrapreso un percorso con il consiglio regionale e discusso di problemi e possibili soluzioni ma oggi è il momento di fare chiarezza. I nostri cittadini ci riconoscono l’impegno ma non capiscono perché differenziano ma il costo anziché calare continua a crescere. è necessario un allargamento del finanziamento a copertura dei costi e, soprattutto, i comuni aventi diritto sono ancora in attesa”. Salvo Tomarchio, assessore di Catania, conclude: “Gli extra costi, su Catania, sono circa 13 milioni. Abbiamo già inserito in bilancio il rientro ma in realtà nella fase di riaccertamento sono diventati un ‘buco’ e, proprio una parte di quei fondi, servivano per la sensibilizzazione e il contrasto all’abbandono dei rifiuti. Ora come facciamo a recuperare il nostro scarso dato di differenziata?”.