La riorganizzazione del personale dipendente della Regione e degli enti collegati non ha ancora preso il via nonostante siano già stati stanziati i fondi. Per questo le organizzazioni sindacali hanno messo in atto una protesta ieri a Palermo e a Catania davanti alle sedi della presidenza della Regione per sollecitare il governo a portare a compimento quanto promesso. Sono stati quasi 2mila i dipendenti regionali scesi in piazza. “Un’iniziativa che, seppur molto partecipata, non ha creato disagi alla città ma ha avuto il merito di riaprire la trattativa col Governo che si è impegnato a convocare un tavolo di confronto – dicono Dario Matranga e Marcello Minio (Cobas-Codir), Fulvio Pantano (Sadirs) e Angelo Lo Curto (Siad-Csa-Cisal) al termine dell’incontro avuto a fine mattinata con l’ufficio di Gabinetto della Funzione pubblica.
“I lavoratori scesi in piazza hanno ottenuto una riapertura del ragionamento sul rinnovo del contratto affinché contenga, prioritariamente, la riorganizzazione della macchina amministrativa per dare efficienza agli uffici e creare un sistema classificatorio che tenga conto di professionalità e titoli dei dipendenti. Dalla settimana prossima, ha assicurato il Governo regionale, sarà convocato un apposito tavolo di confronto per arrivare al pieno utilizzo delle risorse già stanziate per il rinnovo contrattuale coniugato al nuovo sistema classificatorio. Durante il confronto – concludono Cobas-Codir, Sadirs e Siad-Csa-Cisal – abbiamo ribadito che le nostre organizzazioni sindacali, che rappresentano oltre il 60% dei lavoratori, non accetteranno compromessi al ribasso”.
La riorganizzazione è ormai ineludibile: tra i dipendenti regionali, abbiamo scritto nell’approfondimento di mercoledì scorso, i laureati scarseggiano: solo il 19,2 per cento infatti possiede una laurea mentre il 3,5% ha ottenuto la cosiddetta laurea breve, ovvero quella frutto di un percorso di studi universitari di tre anni che porta al conseguimento di un diploma accademico di primo livello. Spesso vi sono impiegati che devono ricoprire ruoli e mansioni di livello superiore, ma non viene loro riconosciuto lo scatto di qualifica. Secondo l’ultimo Conto annuale del personale disponibile sul sito istituzionale della Regione siciliana, datato 10 agosto 2021 e relativo ai dati del 2020, emerge che tre dipendenti regionali siciliani su cinque (il 58,3 per cento per la precisione) hanno solo il diploma mentre la quota di chi si è fermato alla scuola dell’obbligo sfiora il 17 per cento. “Anziché far funzionare al meglio la macchina amministrativa regionale – ha detto la deputata regionale pentastellata Roberta Schillaci – il governo Musumeci dopo quasi cinque anni fa ancora finta di non conoscere, o ha dimenticato, le legittime aspettative dei dipendenti della Regione: a cominciare dalle categorie A e B, le cui unità vengono frequentemente usate in mansioni superiori, proseguendo nella doverosa riorganizzazione di tutto il personale, compresa la giusta riqualificazione, anche economica, categoria per categoria, in vista del rinnovo contrattuale”.
Schillaci, ha depositato un’interrogazione all’Ars per chiedere chiarimenti al presidente della Regione, Musumeci e all’assessore della Funzione pubblica, Zambuto.
“L’agitazione odierna – ha aggiunto la deputata – dimostra che il governo Musumeci continua a ignorare le istanze dei propri dipendenti e a trascurare quella necessaria revisione dell’apparato burocratico in funzione dei nuovi compiti richiesti dai processi di innovazione tecnologica e normativa, oltre che l’accantonamento di mansioni obsolete, direttamente collegati alla normativa vigente sulla dematerializzazione dei documenti della pubblica amministrazione. Stiamo parlando di un bacino di 11.000 dipendenti solo del comparto non dirigenziale”.