Fisco

Riforma tributaria e modifiche al contenzioso

ROMA – Come è noto, già poco meno di due anni fa, con la legge 130 del 31 agosto 2022, il Contenzioso Tributario ha ricevuto una sostanziosa rivisitazione, quella che, per prima cosa, ha denominato le vecchie Commissione Tributarie di Primo e di Secondo Grado in Corti di Giustizia Tributaria, di primo e di secondo Grado, poi ha voluto dare un assetto “professionale” ai vecchi Giudici Tributari (fino ad allora privi di adeguata retribuzione e sostanzialmente caratterizzati esclusivamente dalla buona volontà personale di adempiere adeguatamente alla particolare funzione giudiziaria tributaria, sempre molto gravosa e delicata, comunque attualmente numericamente insufficienti per svolgere il lavoro esistente), quella che, seppure in un modo non sufficientemente adeguato, ha introdotto la “prova testimoniale”, e tante altre innovazioni.

Ora, a seguito delle direttiva contenute nella Legge delega sulla Riforma tributaria, la legge 111 del 30 agosto 2023 e con la pubblicazione in Gazzetta, in data 3 gennaio 2024, del D.Legislativo 220 del 30 dicembre 2023, il contenzioso tributario ha subito altre modifiche, alcune delle quali necessarie per adeguare la normativa ad altre innovazioni contenute nel Decreto riguarda lo Statuto dei Diritti del Contribuente, altre per velocizzare la procedura ed altre ancora per prevedere una normativa più efficace in caso di trattazione del ricorso “a distanza”.

L’entrata in vigore delle nuove disposizioni è fissata dalla legge, in generale, per i giudizi instaurati (ricorso) a partire dall’1 settembre 2024, tranne alcune particolari ipotesi (espressamente previste dalla legge), alcune che fanno riferimento ai giudizi instaurati dopo il 4 gennaio 2024 ed altri, come l’abrogazione della mediazione, direttamente a decorrere dal 4 gennaio 2024.

Comunque, due le novità più importanti

1) L’abrogazione dell’articolo 17 bis del D.Legislativo 546/92, ossia il venir meno della “mediazione tributaria”;
2) L’inserimento, all’articolo 19 del citato D.Leg/v0 546, tra gli atti impugnabili, anche il rifiuto, espresso o tacito dell’Ufficio in presenza di istanza di “autotutela”, sia obbligatoria, sia facoltativa.
Con riguardo all’abrogazione dell’autotutela, si nota che all’articolo 2 del citato D.Legislastivo 220/23, al comma 3, è stabilito che “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto (4/1/24 ndr) sono abrogati: a) il comma 2 septies dell’articolo 15 e l’articolo 17 bis del decreto legislativo 31dicembre 1992 n. 546; .. “.

Quindi, a decorrere dal 4 gennaio scorso, anche per le controversie di valore non superiore a 50.000 Euro non esiste più la fase del “Reclamo/mediazione”, nel senso che l’Ufficio non deve più fornire alcuna risposta alle osservazioni fatte dal contribuente nel suo ricorso il quale, anziché dovere attendere la risposta dell’ufficio o l’infruttuoso decorrere di 90 giorni dalla notifica del reclamo, va subito, ossia entro 30 giorni dalla notifica alla controparte, prodotto alla segreteria della corte di Giustizia Tributaria di Primo grado competente, per la costituzione in Giudizio (articolo 22 citato Decreto legislativo 546 del 1992).

Si chiude definitivamente, pertanto, la questione riguardante la legittimità di una procedura, quella della mediazione, lasciata nelle mani di una delle parti in giudizio (e per questo tacciata di mancanza di terzietà), ossia affidata sostanzialmente a chi aveva portato avanti la pretesa fiscale, giungendo fino alla fase del contenzioso.

È chiaro, quindi, che, venuta meno la mediazione, l’unico sistema per ridiscutere la pretesa fiscale portata in giudizio, se non definita prima con i diversi sistemi deflattivi del contenzioso esistenti, è quello della “conciliazione giudiziaria”, “fuori udienza” (art. 48) o “in udienza” (art. 48 bis). Istituti che comportano la riduzione della sanzione nella misura minima edittale del 40%. 50%, 60% rispettivamente in primo grado, in secondo grado ed in Cassazione.

Il decreto legislativo di riforma del processo tributario contiene altre novità:
La previsione della sentenza in forma semplificata, il divieto di produzione di nuovi documenti in appello, la nuova disciplina delle spese del giudizio in base alla quale non può essere condannata l’amministrazione quando la vittoria del contribuente sia dipesa dalla produzione in giudizio di documenti nuovi, il venir meno nella disciplina dell’udienza di discussione della possibilità per i giudici e il personale amministrativo di partecipare alla discussione da remoto anche qualora sia stata fatta richiesta della discussione in presenza da almeno una delle parti, la necessità di leggere alle parti il dispositivo al termine dell’udienza, “salva la facoltà di riservarne il deposito in segreteria e la sua contestuale comunicazione ai difensori delle parti costituite entro il termine perentorio dei successivi sette giorni”, l’estensione del litisconsorzio quando si eccepisce un vizio di notifica dell’atto presupposto.

Per quanto riguarda l’autotutela, le modifiche contenute nel nuovo Decreto Legislativo 220/23 riguardano essenzialmente la grossa novità dell’inserimento del diniego dell’ufficio, tacito o espresso, tra gli atti impugnabili indicati espressamente all’articolo 19 del D.Leg/vo 546/92, non mancando di osservare che, fino ad ora, l’applicazione dell’autotutela era discrezionale (subordinata all’interesse pubblico della rimozione dell’errore della Pubblica Amministrazione) e che anche la Corte di Cassazione aveva sempre negato la possibilità di presentare ricorso nei casi in cui l’ufficio o non rispondeva all’istanza o esprimeva parere negativo.

L’abrogazione del Decreto ministeriale 37 del 1997 (quello che prevedeva proprio i casi di autotutela) avvenuta con l’articolo 2 del D.Leg/vo 219 (modifiche allo Statuto dei Diritti del Contribuente) è un fatto conseguenziale alla previsione del nuovo istituto dell’autotutela, con diniego considerato atto ricorribile.
Eppure ci si chiede se il Legislatore, abrogando l’intero citato decreto 37/97, si è accorto che in questo modo ha eliminato il parere obbligatorio della Direzione Regionale delle Entrate in caso di autotutela per un valore superiore al miliardo delle vecchie lire (art. 4) ed il cosiddetto “potere sostitutivo” della medesima Direzione in caso di inerzia dell’Ufficio (art.1).

Forse, il Legislatore non si è accorto nemmeno che, abrogando, sempre con l’articolo 2 del D.Leg/vo 219, l’articolo 2 quater del DL 30/9/94 n. 564, convertito nella Legge 30/11/94 n. 656, ha eliminato la facoltà dell’Amministrazione Finanziaria di (comma 1-bis) “disporre la sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato”.