In buona parte dell’Italia la sanità continua a essere in crisi, pochi fondi e quindi servizi non all’altezza. In Sicilia sicuramente non si scherza neanche, anzi, la regione è tra le protagoniste assieme alla Provincia Autonoma di Bolzano, Calabria, Abruzzo, Basilicata e Liguria, dove sono stati chiusi tantissimi pronto soccorso nell’arco di dieci anni. Non solo, anche tempi record per fare dei semplici esami.
In tutto ciò vi è una carenza di figure professionali, ossia medici di famiglia e pediatri di libera scelta. In questo caso a soffrirne è anche il Nord e le aree più interne, nelle quali si verifica un fenomeno chiamato “deserti sanitari”.
Per far fronte a questa emergenza, Cittadinanzattiva, la quale da un po’ di settimane ha avviato una sua mobilitazione permanente del SSN ‘Urgenza Sanità’, attraverso anche una campagna su Change, ha deciso di aderire alla manifestazione nazionale del 24 giugno organizzata dal sindacato Cgil. Ma anche alle mobilitazioni territoriali promosse la settimana scorsa dai medici dell’ANAAO Assomed.
I dati registrati tra le regioni di cui sopra, tra le quali vi è anche la Sicilia, sono preoccupanti. Si parla di attese di circa 720 giorni per una semplice mammografia di controllo e 103 pronto soccorso chiusi nell’arco di dieci anni.
A seguito di questi dati, Cittadinanzattiva ha avviato un’indagine di accesso civico presso le regioni per conoscere i dati relativi alle prestazioni sanitarie erogate con il regime pubblico e in intramoenia, verificando altresì dove vengono superati i tempi d’attesa previsti dal Piano nazionale.
“Per anni il nostro Servizio sanitario nazionale è stato privato di risorse, spesso anzi è stato considerato l’unico ambito da cui attingere per ripianare i conti. Per decenni si sono ridimensionate e diradate le strutture sanitarie e si è ostacolato ogni investimento sulle professioni sanitarie. Per decenni si sono imposti tagli lineari in tutti gli ambiti, dalla sicurezza degli edifici sanitari ai farmaci – dichiara Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva -. E neanche si è puntato sulla prevenzione, da sempre la cenerentola della sanità pubblica, che produrrebbe salute liberando, quindi, risorse economiche”.
“E l’ultimo tentativo di sfratto dei cittadini dalla casa comune della sanità pubblica, è rappresentata dalla intenzione di andare verso un maggiore regionalismo, privo di contrappesi. Un regionalismo che viene definito esplicitamente ‘asimmetrico’, quindi in contrasto con le nostre leggi a cominciare dalla Costituzione, e che si sostiene sull’idea, spacciata come una certezza ma negata dalla realtà, che in sanità essere autonomi produca una competizione virtuosa”.
“L’effetto che rischiamo non è quello del traino, ma della valanga, come certificano anche il Rapporto ‘Le Performance Regionali’ del Crea Sanità e Il Rapporto OsservaSalute. Per queste ragioni, come cittadini abbiamo scelto di proclamare lo stato di emergenza sanitaria e di unirci a quanti stanno manifestando in questi mesi a difesa del diritto alla salute. Andremo avanti fino a quando, e la prossima Legge di Bilancio sarà un importante banco di prova, avremo la prova concreta che le scelte e le politiche stanno andando nella direzione di rafforzare la sanità pubblica governando quella convenzionata e che ci sono all’orizzonte investimenti sufficienti a finanziare le riforme già previste, come quella per l’assistenza agli anziani non autosufficienti e per il ridisegno dell’assistenza territoriale. Altrettanto indispensabile è che Stato e Regioni stringano un Patto per superare le disuguaglianze, programmare insieme le azioni necessarie a governare questa fase, stimare le risorse adeguate e valutare gli esiti di salute per i cittadini e per la collettività”, conclude la Mandorino.