TAORMINA (ME) – Sui proventi dei biglietti d’ingresso al Teatro Antico, dovuti dalla Regione e mai versati, il Comune ha deciso di fare sul serio e, come anticipato da queste colonne, sta dando seguito alla battaglia legale contro Palazzo d’Orleans.
Si tratta di circa 2 milioni e 800 mila euro che riguardano le annualità dal 2014 al 2016, quando ancora era in vigore la Legge numero 10/99 secondo cui il 30% degli introiti spettavano al Comune dove ricadevano i monumenti. L’avvocato Giovanni De Nigris, che rappresenta Palazzo dei Giurati, ha incontrato i tre commissari al Bilancio del Comune – Lucio Catania, Tania Giallongo e Maria Di Nardo – per spiegare le ragioni della contesa e la necessità di portare fino in fondo la questione, ritenuta del tutto legittima sulla base di una convenzione che regolava i rapporti tra l’assessorato regionale ai Beni culturali e i Comuni, tra i quali Taormina, dove risiede il monumento più visitato della Sicilia, il Teatro Antico appunto, meta ogni anno di almeno 800 mila visitatori paganti. Si potrebbe arrivare adesso a una proposta transattiva tra le parti, con la Regione che ritiene di non dovere più adempiere a quegli obblighi considerando che la normativa di riferimento nel frattempo è stata superata.
Con l’avvento dell’Amministrazione del sindaco Cateno De Luca, però, sappiamo bene come il dibattito in tema si sia fatto più accesso e rilevante, soprattutto perché è contestuale alla battaglia che il primo cittadino della Perla sta portando avanti contro la Regione sulla gestione del sito archeologico, in relazione all’assegnazione di spettacoli a organizzazioni private, sui quali il Comune non avrebbe alcuna posizione, né consultiva, né tantomeno decisionale, se non l’obbligo di garantire l’ordine pubblico e la pulizia con tutto quello che comporta, per esempio, un concerto rock di 4 o 5 mila persone. Una tipologia di spettacoli che a Taormina, economicamente parlando, non porterebbero nulla di buono, se non spese per gestire l’evento.
Anche la precedente Amministrazione aveva puntato il dito contro questo sistema di cose, chiedendo più volte un confronto e la scelta delle date. Cateno De Luca è andato oltre, portando prima di tutto il caso all’Assemblea regionale siciliana, dove nelle scorse settimane è stato approvato un emendamento al bilancio – proposto in parte proprio da De Luca – secondo cui i Comuni, dopo aver siglato convenzioni, potranno incassare il 15% dei proventi ottenuti dallo sbigliettamento ordinario dei siti archeologici ricadenti nel proprio territorio. I proventi serviranno alle amministrazioni per garantire i servizi di viabilità, sicurezza, decoro urbano e raccolta dei rifiuti. Rimasti ancora esclusi gli eventi privati, nei confronti dei quali il sindaco sta continuando la sua battaglia.
Prova ne è stato lo scorso 5 agosto quando il Parco archeologico di Naxos ha dovuto ritardare di alcune ore l’apertura del sito perché gli organizzatori dello spettacolo musicale tenutosi la sera prima avevano omesso di pulire l’anfiteatro. Tanto è bastato per far dire a De Luca che quell’organizzazione non avrebbe “più messo piede a Taormina per fare spettacoli”.
Tornando alla norma approvata a Palazzo dei Normanni, invece, è chiaro come ricalchi il principio contenuto nelle vecchie leggi su cui venivano sottoscritte le convenzioni e una percentuale degli incassi andava ai Comuni, proprio come quelli che a Taormina in passato non sono mai state versati. E per un Comune in default fino ai bilanci del 2020, “il diritto di incassare quelle somme è del tutto legittimo – aveva già detto l’organo commissariale – avendo subito l’onere di fornire i servizi collegati a una platea molto vasta di spettatori, che hanno avuto un impatto molto forte sul tessuto sociale del territorio, senza apportare vantaggi di natura economica, essendo visitatori occasionali in città”.
“Non sarebbe equo – hanno aggiunto – che il Comune sopportasse i costi e gli oneri degli spettacoli all’interno del Teatro Antico, senza alcuna partecipazione ai ricavi che sarebbero di pertinenza esclusiva di altri soggetti”.