“Non riusciremo a superare il periodo di eccezionale crisi che ci aspetta, senza strumenti eccezionali. Se disporremo, come pare, di risorse economiche eccezionali, non possiamo minimamente sprecarle. Tra i tanti nodi da affrontare, due sono essenziali: l’abbattimento dei vincoli burocratici e la semplificazione delle procedure di appalto pubblico”. Lo scrive l’avvocato Andrea Scuderi di cui riportiamo di seguito le riflessioni sugli effetti dell’epidemia di coronavirus.
Quanto al primo aspetto, è necessario affidare ad un Commissario o ad un Ufficio commissariale – indipendente dalla politica e munito di capacità manageriali e poteri derogatori – il compito di gestire con urgenza le risorse economiche e creditizie e di carattere straordinario, assi-curandone la concreta efficacia.
Questa gestione commissariale – limitata nei tempi, nelle finalità, nell’oggetto ed assistita da adeguate capacità professionali – deve assolvere anche al compito di sbloccare la considerevole mole di lavori pubblici ancora per diverse ragioni incompiuti. Si tratta di applicare il modello “Genova” o “Ponte Morandi”, ma su più vasta scala e con ancor maggiore autonomia.
Avviando così a soluzione, con un piano almeno quinquennale e senza impacci burocratici, quei nodi strategici – l’adeguamento del sistema sanitario, le opere di difesa del suolo e dell’ambiente, il rafforzamento delle strutture scolastiche e di ricerca, il sostegno al credito ed al tessuto imprenditoriale – che ci possono fare superare il momento più duro della crisi.
Questa prima iniziativa, assolutamente indispensabile ed urgente, và posta in relazione a quella altrettanto urgente di semplificare le procedure di affidamento dei contratti pubblici. Anche qui, occorre operare con metodi eccezionali.
La Commissione Europea – con la comunicazione del 1 aprile scorso 2020/C1081/01, relativa all’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi da Covid-19 – ha notevolmente ampliato i limiti del ricorso a procedure semplificate, come quelle negoziate con o senza pubblicazione del bando di gara.
Questo ampliamento – che allo stato parrebbe riguardare i contratti relativi alle forniture ed alle infrastrutture sanitarie – potrebbe essere esteso, con adeguati limiti d’importo ad altri settori. A ciò andrebbero aggiunti vari elementi di semplificazione quali l’aggiudicazione col semplice criterio del prezzo più basso, le verifiche dei requisiti di gara sul solo aggiudicatario, la formazione rapida di elenchi di appaltatori e fornitori con cui avviare procedure ristrette, la concentrazione della progettazione nell’unica fase esecutiva, la conferenza unica dei servizi per l’approvazione del progetto in modalità telematica e sincrona.
Si tratta d’un impegno al cambiamento di cultura e metodi – nel quale è essenziale l’apporto del sistema delle imprese e delle organizzazioni sindacali – che per quanto difficile è altrettanto indispensabile.
Alcune brevi considerazioni conclusive. Ai poteri pubblici, avendo affidati i compiti di gestione straordinaria alla struttura commissariale spetterebbe – assieme alle attività di reperimento e destinazione delle risorse, di indirizzo e di controllo – il compito di riprogrammare le funzioni e dare nuovi modelli agli uffici allo svolgimento delle attività ordinarie e di quelle successive alla fine della gestione straordinaria (rinnovamento dei ruoli, concorsi, formazione, nuove tecnologie e Intelligenza Artificiale, ecc…).
Nei sistemi di contrasto essenziali alle infiltrazioni della delinquenza organizzata gli accertamenti preventivi ed i protocolli di legalità vanno aggiornati, mediante controlli capillari di tutte le attività di cantiere anche mediante piattaforme telematiche. Un ruolo decisivo spetta infine all’uso delle nuove tecnologie legate alla sostenibilità ambientale ed alla sicurezza dei lavoratori. C’è tanto da fare e da subito!
Sugli insegnamenti
che ci vengono
dalla pandemia
Suggerisco la lettura – o rilettura meditata – di questo stralcio dell’intervista di Carofiglio al Nobel Stiglitz, apparsa su Robinson di giovedì 30 aprile. Dice Stiglitz, rispondendo alla domanda di Carofiglio sugli insegnamenti che ci vengono dalla pandemia in corso, che questa crisi “…abbia molto da insegnarci: l’importanza della scienza, il ruolo strategico del settore pubblico e la necessità di azioni collettive, le conseguenze disastrose delle diseguaglianze e della negazione del diritto all’assistenza sanitaria come diritto umano fondamentale, i pericoli di un’economia di mercato dalla vista corta, incapace di resilienza…”. E, prosegue Stiglitz, “…la pandemia è una crisi che il mondo deve fronteggiare unito così come la crisi climatica, che non è sparita e anzi potrebbe essere la causa di altre epidemie … dobbiamo imparare a condividere il pianeta e questo richiede una forte cooperazione…”. Ci trovo, in sintesi, le ragioni di fondo di quell’impegno collettivo, indispensabile per dare forza alla speranza d’un migliore futuro!
La “Profilassi internazionale” materia del Governo centrale
L’articolo 117 della Costituzione dà allo Stato il potere esclusivo di dettare le regole
Il Tribunale Amministrativo di Catanzaro, come abbiamo sentito e letto, ha annullato la decisione della governatrice della Calabria Santelli che autorizzava la riapertura in quella regione di bar ed esercizi pubblici, prima dell’emanazione da parte governativa delle “linee-guida” “anti-covid” per il contrasto alla diffusione dei contagi.
Non intendo addentrarmi nelle diverse questioni giuridiche che la vicenda ci pone, quanto piuttosto rendere chiara, tra le tante, la ragione più semplice ed immediata di questa decisione.
Continuo infatti a credere – in via generale, ma in particolare nella situazione che stiamo vivendo – alla necessità di una informazione che si basi su due essenziali requisiti: sintesi ed esattezza (che tra loro, normalmente, si accompagnano).
Solo così possiamo evitare malesseri o inquietudini, utili solo a confondere le idee, agitare malcontenti ed ostacolare un corretto esercizio delle facoltà critiche.
Il Tribunale Amministrativo ha richiamato un principio, contenuto all’articolo 117 della Costituzione, che attribuisce in modo esclusivo al governo centrale il potere di dettare le regole che vanno seguite in tutte le regioni in materia di “profilassi internazionale”.
Si tratta esattamente d’una situazione quale è quella della pandemia da Covid-19.
Una situazione cioè che, diffondendosi a livello internazionale, mette effettivamente a rischio la salute e la vita di tutti gli italiani tanto per la rapidità dei contagi, che per il loro effetto letale.
Di fronte ad una simile situazione, scrive correttamente il Tribunale Amministrativo, la Costituzione prevede che vi siano regole di prudenza e cautela, uniche e conformi su tutto il territorio nazionale, stabilite dal governo centrale.
Le amministrazioni regionali potranno semmai introdurre, in via successiva e sussidiaria, regole di maggiore prudenza ma non allentare i vincoli di cautela fissati dal governo centrale.
Come è invece avvenuto con la determinazione della governatrice della Calabria che riduceva la protezione dai contagi degli avventori e del personale dei bar e degli esercizi.
La questione giuridica quindi, è di agevole ed immediata soluzione. E ciò vale, aggiungiamo noi, oltreché sul piano giuridico, anche su quello pratico.
Non ci vuol molto a capire che una ripresa dei contagi in una regione rischia di diffondersi nelle regioni vicine e da qui in tutto il paese, rendendo inutili le indicazioni e le cautele tanto del governo centrale che di altre amministrazioni regionali.
Di fronte a ragioni così evidenti, stupiscono i tentativi di alcuni governatori regionali di bruciare i tempi e allentare i vincoli, per ragioni di contrasto politico e ricerca del consenso che non possono barattarsi con la salute e la vita degli italiani. Quei governatori – di fronte alle gravi difficoltà economiche e sociali delle popolazioni che amministrano – dovrebbero fare altro, che spesso non fanno: rendere più rapide e sollecite per quanto di loro competenza le erogazioni dei sostegni economici che manifestano ritardi a tutti i livelli, trovare nei propri bilanci risorse economiche che consentano di anticipare se necessario il sostegno ai cittadini, curare la riorganizzazione dell’assistenza medica sui territori e la preparazione dei medici di base di fronte ai rischi del contagio. Esercitare insomma la solidarietà e la sussidiarietà, non creare confusione e disorientamento.
Un’ultima considerazione infine. Quanto abbiamo detto sulla competenza esclusiva del governo centrale vale peraltro, anche per quelle regioni che – come Sicilia, Sardegna, Trentino e Valle d’Aosta – hanno uno statuto speciale. E’ perciò necessaria una responsabile cooperazione, anziché un’irresponsabile affermazione di poteri priva di legalità e logica.
L’insegnamento socratico “so di non sapere”
Lo “choc” della pandemia – accompagnato dal clamore dei “social” che non ci allontana dallo spettro della solitudine – ci mette senza mezzi termini, di fronte ad una verità: da tempo stavamo ormai dentro una finzione, nascondevamo la cenere sotto il tappeto!
E così, siamo giunti ad un punto irreversibile nella distruzione di segmenti vitali dell’Ecosistema. Ci siamo resi responsabili di un tentativo di Ecocidio, nel quale la vittima destinata è il Pianeta su cui viviamo. Che perciò, in un tragico capovolgimento, per liberarsi dell’infezione umana, ha messo in moto il proprio sistema immunitario: il coronavirus.
Il crollo delle abitudini al quale siamo costretti, apre lo spazio alle inquietudini. Stiamo insieme, sentendoci soli. Ci chiamiamo senza riconoscerci, se non nella comune paura. C’è in verità un mondo vecchio, fondato sul “modello” di un progresso che credevamo perenne, che invece implode su se stesso e frana sotto i nostri piedi! Se ci interroghiamo su cosa si può fare per uscire da questa situazione, ci ritroviamo a considerare il fondamentale insegnamento socratico. Quel “so di non sapere” – come atteggiamento mentale di consapevolezza della ignoranza – che è in grado di neutralizzare la nostra mente agitata. Se questo atteggiamento diviene comune a tanti, vissuto da tanti, si forma allora quella “massa critica” che trasforma il “non sapere” di ciascuno in una comune e “nuova saggezza”. Il vecchio mondo è finito, e l’umanità ha perciò bisogno di un nuovo “modello” e di un nuovo futuro.
Nel superamento di ciò che c’era, possiamo trovare il fondamento epistemologico di ciò che dovrà essere. Pensiamo che, in questa ricerca, sarebbe di grande aiuto l’esercizio della meditazione. Un esercizio che non rappresenti solamente un’espressione individuale, ma un’esperienza comune e collettiva!
E che possa aprire la via, ad una più salda libertà ed unità delle coscienze.
Cecilia Lanza
Andrea Scuderi