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Sicilia, la beffa dei centri antiviolenza

PALERMO – Solo 27 centri antiviolenza in Sicilia, su tutto il territorio regionale. In cifre, sono appena 0,11 ogni 10 mila donne. Sotto la media nazionale, che sale di poco, allo 0,13.
L’esiguità dei numeri siciliani, che si evince dal report Istat, si rileva ancora di più nel confronto con le regioni che si trovano in cima alla classifica nazionale. In Molise, si sale ad un tasso dello 0,27 centri antiviolenza ogni 10 mila donne, raddoppiando e oltre il valore isolano; subito sotto l’Umbria, a 0,25, e la Campania, a 0,21. E non si tratta soltanto dell’esiguità di strutture presenti sul territorio siciliano, ma anche della loro distribuzione.

Soltanto nel 6,7% dei casi si tratta di enti comunali, mentre nel 40% dei casi si parla di strutture provinciali, ben più della media nazionale, che si ferma al 24,4%.

La Sicilia detiene un numero altissimo di violenze di genere

Questo significa anche uno svantaggio territoriale per la donna, costretta a lunghi spostamenti per trovare un aiuto, un conforto, un supporto che sia psicologico, legale ed economico per uscire dalla propria condizione di vittima di violenze. Eppure, la Sicilia detiene un numero altissimo di violenze di genere: su un totale di 106 femminicidi fino alla fine di novembre in tutta Italia, 10 sono state le donne che in Sicilia sono morte per mano del partner, di un ex partner o di un parente.

L’entità del fenomeno dei femminicidi è evidente se si vanno a considerare i valori relativi agli omicidi di uomini. In Sicilia nel 2022 sono stati uccisi 24 uomini, di cui solo 6 avvenuti per mano di un parente. Altro elemento fondamentale, è il sesso dell’autore dell’omicidio. Nei casi in cui si è scoperto l’autore, il 92,7% delle donne è vittima di un uomo, mentre nel caso la vittima sia un uomo nel 94,4% dei casi l’omicida è un uomo. Purtroppo la situazione siciliana è più o meno in linea con quella nazionale.

La distribuzione territoriale dei centri antiviolenza

Per macrocategorie territoriali, la distribuzione dei centri antiviolenza è abbastanza equilibrata, con una propensione al Sud: nel 2022 le donne vittime di violenza hanno potuto contare su 385 Centri antiviolenza, situati per il 37,9% nel Nord (22,1% nel Nord-ovest e il 15,8% nel Nord-est), per il 31,4% nel Sud, per il 20,8% nel Centro e il restante 9,9% nelle Isole. L’aumento è stato del 3,2% tra il 2021 e il 2022 e del 37% rispetto al 2017 (primo anno dell’Indagine). Nella maggior parte dei casi (63,6%) l’ente promotore dei Cav è un soggetto privato qualificato operante nel sostegno e nell’aiuto alle donne vittime di violenza. Nel 33,5%, invece, è un ente locale, in forma singola o associata e, in forma residuale, nel 2,9% dei casi, un ente locale consorziato o associato con un soggetto qualificato privato. Tra i Cav del Nord-ovest (84,1%) e delle Isole (76,9%) i promotori sono soprattutto di natura privata, mentre al Centro soprattutto di natura pubblica (58,4%). Tra i Cav del Sud è più alta (7,8%) la percentuale di Cav che hanno come promotore un ente locale ma consorziato con un soggetto privato (nel Nord-est questa forma non è mai presente).

Gli sportelli di ascolto soprattutto al Nord

Le attività dei Cav, oltre che presso la proprie sedi centrali, vengono garantite anche attraverso gli sportelli di ascolto operativi sul territorio, predisposti da più della metà degli enti. Gli sportelli offrono servizi simili a quelli dei Cav e sono attivati soprattutto nel Nord-ovest (63,4%), meno nelle Isole (38,5%). Tuttavia, proprio i Cav delle Isole, hanno un numero medio di sportelli più elevato (9,4) rispetto al valore medio nazionale (3,6). Sono 5.916 le operatrici che lavorano al loro interno, e nel 48,7% dei casi prestano il proprio servizio in forma esclusivamente volontaria: in media 17 unità per Centro, con forte eterogeneità tra le regioni. I Cav del Nord-ovest e del Nord-est dispongono in genere di più personale (rispettivamente 25 e 21 unità in media), seguono i Cav del Centro (16 unità in media), delle Isole (12) e del Sud (10).