PALERMO – Il Coronavirus ha bloccato – seppur temporaneamente – anche le elezioni amministrative. Previste per lo scorso 24 maggio, si svolgeranno infatti il 4 e il 5 ottobre. E chiameranno all’appello – pardon, alle urne – poco più di 810 mila siciliani. L’eventuale ballottaggio invece è fissato per il 18 ottobre.
Uno slittamento dapprima di una ventina di giorni (era stata ipotizzato di rimandare le elezioni al 14 giugno) poi di sei mesi dovuto all’esigenza di contenere i rischi della diffusione del virus. E che, con molta probabilità, darà una mano a quei sindaci che chiederanno ai propri concittadini di essere riconfermati.
Tra i 61 Comuni siciliani al voto – erano 62 ma Partinico ha “saltato” il turno perché il Consiglio comunale è stato sciolto per mafia per i prossimi 18 mesi – solo due sono i capoluoghi dell’Isola che torneranno alle urne: Agrigento e Enna. In entrambi gli attuali primi cittadini hanno deciso di ricandidarsi. A loro e ai sindaci di Bronte e Milazzo abbiamo voluto chiedere se questo tempo “supplementare” sia servito a portare avanti progetti che nei cinque anni canonici di mandato erano rimasti incompiuti e se i sei mesi di bonus abbiano agevolato alla luce di una sperata riconferma.
Altra questione che abbiamo voluto analizzare con gli amministratori è se la situazione di emergenza vissuta da marzo, e per certi aspetti tuttora in corso, abbia riavvicinato i cittadini alle Istituzioni locali, specie se si considera, come più volte ribadito dal segretario di Anci Sicilia, Mario Emanuele Alvano, che “se guardiamo la crisi dal punto di vista del cittadino e delle famiglie ci troviamo di fronte a una nuova povertà ‘da Coronavirus’, che è qualcosa di diverso rispetto a quella già esistente”.
“Questo nuovo bisogno – ha aggiunto – bussa soprattutto alla porta dei Comuni perché, mentre le categorie organizzate dei commercianti, degli imprenditori, degli artigiani, degli agricoltori hanno la possibilità di farsi valere con il governo nazionale, oltre che in sede locale, perché i Comuni hanno un confronto e una richiesta pressante da parte di queste categorie, soprattutto sul piano dei tributi locali, l’altro mondo conosce solo la porta del Comune, non ha altra rappresentanza”.
Lo spostamento dell’appuntamento elettorale da maggio a ottobre ha prolungato di sei mesi la sua sindacatura. Questo periodo può essere servito a lavorare su progetti che non sarebbero stati portati a termine nei cinque anni canonici?
“La continuità amministrativa non conosce interruzioni. Per chi cerca di impegnarsi quotidianamente non ci sono giorni o mesi che trascorrono infruttuosamente. In un Comune giornalmente ci sono piccoli e grandi processi che devono andare avanti. Noi abbiamo continuato a operare secondo questa impostazione, senza spartiacque temporali. Certamente i mesi estivi sono, per il nostro Comune, mesi di particolare prova e impegno sia in termini di aumenti di flusso sul territorio che di specifiche criticità legate alla stagione balneare”.
Nell’ottica della possibile riconferma come primo cittadino agrigentino, pensa che tale slittamento l’abbia agevolata?
“Non credo esista una regola a tale proposito. Noi siamo gli stessi degli ultimi cinque anni. I mesi cui lei fa riferimento e la gestione dell’emergenza Covid-19 parlano la stessa lingua del mandato amministrativo appena trascorso. All’emergenza Covid ci siamo rivolti come per le ordinarie e straordinarie questioni amministrative di questi anni, cercando di seguire i processi responsabilmente per governarli con cognizione”.
L’emergenza sanitaria ha avvicinato cittadini e Istituzioni?
“I sindaci hanno perduto migliaia di concittadini nel corso di questa terribile pandemia e proprio i Comuni sono il primo fronte amministrativo, ma anche identitario per le popolazioni. Come Amministrazione abbiamo reagito assieme ai nostri concittadini, mentre in Italia e nel mondo ciascuna comunità si sentiva fragile di fronte alla paura della malattia. Direi che abbiamo sentito molto vicina la nostra Comunità, che ha seguito con responsabilità e partecipazione le indicazioni del periodo più difficile di questa emergenza. Di questo dobbiamo renderne merito. Gli agrigentini si sono dimostrati all’altezza”.
Sindaco Dipietro, a causa del Covid-19 le elezioni amministrative sono slittate da maggio a ottobre. Questi sei mesi “supplementari” sono serviti a portare avanti progetti che non sarebbero stati condotti a conclusione nei cinque anni canonici?
“Assolutamente no, anzi. Questa sorta di prolungamento ha, di fatto, stoppato tutte le attività in corso che, solo in questi giorni, stiamo recuperando tra un’inaugurazione e una consegna di lavori. Nei mesi di lockdown tutta l’attività si è concentrata nella tutela della salute pubblica e l’assistenza alla popolazione, compiti egregiamente svolti dal Centro operativo comunale di Protezione civile, da me immediatamente attivato e presieduto”.
Nell’ottica della possibile riconferma come sindaco di Enna, pensa che tale slittamento l’abbia agevolata?
“Non penso che lo slittamento possa essere valutato in termini elettorali, proprio perché l’attività essenziale è stata quella riguardante l’emergenza sanitaria. Tuttavia non si può non evidenziare che gli ottimi risultati conseguiti in termini di assistenza e di garanzia della salute pubblica sono certamente figli di una buona amministrazione”.
Ritiene che l’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto negli ultimi mesi abbia avvicinato i cittadini e le Istituzioni?
“Sicuramente sì. I cittadini ennesi, per esempio, hanno potuto contare su un sistema di Protezione civile che, grazie al Coc, ha funzionato perfettamente. All’inizio dell’emergenza avevo detto che nessuno sarebbe rimasto indietro e così è stato. Un dato su tutti: nella sola città di Enna, grazie ai fondi provenienti dal Bilancio comunale in prima battuta e dai Governi nazionale e regionale subito dopo, abbiamo garantito l’assistenza a più di mille nuclei familiari”.
Sindaco Formica, le amministrative di maggio sono state posticipate a ottobre per il Covid. Ritiene che questo periodo sia servito a portare avanti nuovi progetti utili al territorio?
“Direi di no, nel senso che sono stati sei mesi che ci hanno visto impegnati particolarmente sul fronte dell’emergenza sanitaria e quindi utili per poterla fronteggiare da Amministrazione in carica, con un governo delle cose pieno. Non credo che sei mesi abbiano fatto la differenza rispetto a un mandato elettorale di cinque anni”.
Pensa cittadini e Istituzioni siano più vicine nel post Covid?
“Io ho registrato due dinamiche differenti. Per un verso, durante la fase dell’emergenza, c’è stato un riavvicinamento perché le persone avevano bisogno di sentirsi rassicurate, protette, sono state in costante contatto, perlomeno con la mia Amministrazione. Abbiamo registrato un contributo straordinario di volontari. Io ne ho premiati 130 alla fine dell’emergenza, che è un numero importante, quindi da questo punto di vista c’è stato un riavvicinamento delle persone all’Istituzione. Per l’altro verso, c’è stata una fetta della società, forse quella che coincide un po’ con i negazionisti, che ha vissuto male. La sensazione che ho io è che ancora non siano venuti fuori da quella condizione di difficoltà, probabilmente la permanenza forzata a casa ha lasciato qualche strascico. C’è poi il fatto del recupero della libertà dopo la fine della fase acuta dell’emergenza, una cosa che qui stiamo registrando tantissimo e per fortuna ha dato nuovo impulso all’economia locale. Le cose sono riprese con grande vivacità: mi riferisco al settore del tempo libero, per esempio, e dell’intrattenimento. La gente ha avuto il piacere di tornare a vivere all’aperto, a consumare”.
Questi sei mesi in più possono averla agevolata per una possibile riconferma?
“Francamente non penso a una riconferma. La mia squadra e io stesso stiamo lavorando per vedere se è possibile superare questa esperienza, per una ragione di fatica e di stanchezza personale. Al momento, non valuto questo aspetto”.
I sei mesi “supplementari” concessi ai sindaci per il Coronavirus le sono serviti per progetti che non sarebbero stati portati a termine nei cinque anni di mandato?
“Fondamentalmente no. Il lockdown ha provocato la sospensione dei tanti lavori pubblici che sono in corso. Bronte in questo momento è un cantiere a cielo aperto, frutto di un lungo lavoro tecnico-amministrativo degli ultimi cinque anni. Ci sono lavori ovunque: in alcune piazze e nelle chiese. Abbiamo completato da appena qualche giorno gli interventi nel parco urbano. E sto citando solo i più importanti. I sei mesi in più sono solo serviti a recuperare il tempo perduto a causa del Covid. Certo, il tempo in più è sempre utile. Spesso i processi sono lunghi e non a caso è risaputo che per realizzare un programma elettorale a qualsiasi sindaco servono dieci anni”.
Quindi nell’ottica di una possibile riconferma, lo slittamento può averla agevolata?
“Anche in questo caso, rispondo no. Tutto quello che era stato programmato all’improvviso si è fermato per poi riprendere con la stessa tempistica. A Bronte stiamo vivendo una semplice traslazione nel tempo dei processi, ma questi, al netto del fermo a causa del Covid, sono stati rispettati”.
Crede che l’emergenza sanitaria abbia avvicinato i cittadini e le Istituzioni?
“Bisogna vedere caso per caso. Dove le istituzioni sono state vicine sì, dove non lo sono state ovviamente no. Noi siamo sempre stati attenti nel venire incontro alle esigenze della gente. Non a caso, nell’ultimo quinquennio nei Servizi sociali abbiamo investito 11 milioni di euro, grazie a una meticolosa ricerca di finanziamenti. Con l’emergenza Covid, oltre ai buoni spesa finanziati dallo Stato e dalla Regione, ci abbiamo messo del nostro mettendo a disposizione un ulteriore buono con i fondi comunali. Noi abbiamo fatto sempre, non soltanto, in occasione del Coronavirus, il possibile per avvicinare le istituzioni alla gente. Speriamo di esserci riusciti”.