Restano tutti in carcere gli indagati coinvolti nell’inchiesta sulla sparatoria avvenuta venerdì pomeriggio nella concessionaria “Auto per passione” a Villaggio Mosè (Agrigento), in cui ha perso la vita Roberto Di Falco 38enne di Palma di Montechiaro.
Il gip Giuseppe Miceli, pur non convalidando il provvedimento di fermo, ha disposto per i tre indagati la misura cautelare della custodia in carcere.
Si tratta di Angelo Di Falco, 39 anni, fratello della vittima; Domenico Avanzato, 36 anni, e Calogero Zarbo, 40 anni. Tutti sono accusati del reato di omicidio commesso per errore, tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco.
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Dagli interrogatori e dalle immagini di videosorveglianze, fondamentali per la ricostruzione dell’accaduto, è emerso che il movente dell’aggressione ha avuto origine da alcuni debiti che il titolare della concessionaria aveva contratto nei confronti dei due fratelli Di Falco, anch’essi titolari di una analoga attività commerciale, derivanti dalla compravendita di automobili usate.
“Non è ammissibile che per un debito non pagato, si possa ricorrere a una violenza di questo tipo, dove a rimetterci la vita è stato uno degli aggressori. Questo è il metodo sbagliato. I conflitti si risolvono nelle sedi giuste, nelle sede giudiziarie, non con le armi, non con i pestaggi. La cultura che si possa risolvere tutto con le armi, facendosi giustizia da sé deve essere debellata perché vicende del genere disonorano questa terra”. Queste le parole del Procuratore della Repubblica di Agrigento, Giovanni Di Leo a margine della conferenza stampa che si è svolta presso la Questura di Agrigento per gli ulteriori dettagli sulla sparatoria di venerdì scorso al Villaggio Mosè.
Le indagini non sono ancora chiuse, sono ancora tanti gli aspetti da chiarire e quasi tutti ruotano intorno alla pistola utilizzata che ancora oggi non si trova. In tal senso, però, saranno decisivi i risultati dell’accertamento Stub eseguito su tutti i protagonisti della vicenda. Così come l’autopsia, che sarà eseguita dal medico legale Alberto Alongi, sul corpo di Di Falco, che potrà svelare dinamiche e traiettorie del colpo.
“La pistola ancora non si trova e questo la dice lunga sul fatto che gli assalitori hanno avuto poi il tempo di averla nascosta e di conseguenza non ci consente di assicurarla e di evitare che questa venga utilizzata per crimini efferati di questo tipo”. Queste le dichiarazioni di Vincenzo Perta a capo della Squadra Mobile della Questura di Agrigento.
“Si tratta di una vicenda grave, che purtroppo pone ancora una volta in luce il problema non soltanto culturale ma anche morale. Piccoli problemi di credito tra commercianti di certo non possono risolversi con la prepotenza ma richiedono il lavoro delle istituzioni preposte a risolvere questi tipi di problemi. Tante le armi che circolano, e che purtroppo vengono usati per fatti del genere”, ha concluso.