Economia

Spesa in Ricerca e Sviluppo, la Sicilia fa passi da gambero

PALERMO – Spesa in ricerca e sviluppo ai minimi e, di conseguenza, bassissimo livello di innovazione: queste sono purtroppo le caratteristiche che contraddistinguono le imprese industriali siciliane. Secondo i dati contenuti all’interno del rapporto Check-Up Mezzogiorno, pubblicato lo scorso 17 luglio da Confindustria e Srm (Studi e ricerche per il Mezzogiorno), nel 2017 solo lo 0,79% del Pil è stato utilizzato per il miglioramento o la creazione di nuovi prodotti industriali o al fine di efficientare i processi di produzione.

Purtroppo, continuiamo a fare passi indietro, ritornando ai livelli registrati nel 2011, dopo anni di investimenti leggermente più sostenuti (nel 2014, ad esempio, rappresentavano l’1,08% del prodotto interno lordo siciliano). Ci collochiamo addirittura al di sotto del dato medio meridionale (0,89%). Peggio della Sicilia fa solo la Calabria (0,57%) e regioni come Umbria, Molise e Basilicata in cui la spesa per ricerca e sviluppo è praticamente nulla.

Tra le regioni meridionali, la Campania è quella che presenta il dato migliore, con un’incidenza della spesa in R&S sul Pil pari all’1,22%, sebbene in calo rispetto all’anno precedente (1,26%). Mentre la regione che nell’ultimo biennio ha visto crescere maggiormente la spesa in rapporto al Pil è stata l’Abruzzo (0,95% nel 2016 e 1,02% nel 2017).

Siamo ben lontani da regioni in cui il progresso industriale corre ad una doppia velocità: in Piemonte la spesa in ricerca e sviluppo incide sul prodotto interno lordo per il 2,18% e in Emilia Romagna per l’1,97%. La situazione non mi migliora di certo se ci paragoniamo a realtà europee come Svezia (3,27%), Austria (3,13%) o Danimarca (3,10%).

Naturalmente, la direttissima conseguenza di una spesa in ricerca e sviluppo contenuta è un livello di innovazione bassissimo. Secondo i dati del Regional innovation scoreboard, pubblicato dalla Commissione europea, la Sicilia è la regione italiana con il tasso di innovazione più basso (pari a 51,3, rispetto ad un indicatore europeo uguale a cento).

L’Italia, come afferma la Commissione europea, è un Paese moderatamente innovatore rispetto agli altri “Big” Ue come Francia e Germania che, invece, sono classificati come leader dell’innovazione. Nel suo essere un Paese moderatamente innovatore, l’Italia presenta diverse sfumature a livello territoriale: infatti, il tasso di innovazione maggiore si registra in Friuli Venezia Giulia (87,8), seguito da Emilia Romagna (79,9) e Piemonte (79,8). Mentre tutte le regioni del Mezzogiorno si collocano al di sotto della media nazionale, con Sardegna e Sicilia che, come visto, totalizzano i risultati peggiori distanziandosi di trenta punti dall’Italia.

“I dati che emergono dalla analisi condotta da Confindustria e Srm (Centro studi del gruppo Intesa Sanpaolo) vedono il Sud arretrare profondamente – afferma Diego Bivona, presidente di Confindustria Siracusa, commentando il report Check-Up Mezzogiorno – È un cambiamento di prospettiva profondo e di non breve periodo, che chiediamo con forza. Una nuova politica centrata sull’impresa, a partire dal rapido avvio delle Zone economiche speciali, per dare ulteriore impulso agli investimenti nel Mezzogiorno dal punto di vista imprenditoriale e logistico portuale”.