ROMA – Un ecosistema resiliente che ha affrontato proattivamente e positivamente la crisi dovuta all’emergenza Covid-19 meglio delle imprese italiane: questa la fotografia del mondo delle start-up guardando al 2020. L’architettura snella, la capacità di operare cambiamenti anche radicali nel breve periodo e la propensione a rinnovarsi e mettere sempre in discussione il proprio modello di business, oltre all’innato ottimismo degli startupper, sono le chiavi che hanno permesso di superare il 2020 e proiettano le start-up in un 2021 pieno di sfide ma, al contempo, di possibilità.
I risultati sono emersi dallo studio promosso da OfficinaMps, laboratorio permanente dedicato all’innovazione di Banca Monte dei Paschi di Siena, realizzato con Swg, sui bisogni delle start-up italiane. Una ricerca che ha il preciso scopo di capire come il Covid-19 abbia impattato su questo importante comparto dell’economia del Paese, e cosa la pandemia ha insegnato loro e permetterà di affrontare al meglio il futuro.
Rinnovamento e non rivoluzione, questo sembra essere il mantra delle start-up. Soltanto il 12% del campione intervistato, infatti, ha completamente stravolto il proprio business, mentre quasi la metà ha operato durante i mesi scorsi continui aggiustamenti mirati e graduali, possibili grazie ad una struttura aziendale snella e già proiettata al futuro.
Con queste premesse non è difficile immaginare perché oltre la metà delle start-up (51%) affermi di essere uscita positivamente dalla crisi, contro il solo il 39% delle imprese tradizionali.
Ma c’è chi va oltre: il 15% delle start-up italiane ha tradotto l’emergenza in nuove opportunità registrando, di fatto, un incremento di fatturato. Tra queste spiccano le realtà più giovani e quelle appartenenti al comparto dell’ict, endemicamente più flessibile di fronte a scenari imprevisti e processi da riscrivere.
Gli startupper mostrano anche di avere una chiara visione di cosa li aspetterà in questo 2021 e di come sia possibile uscire dalla crisi. Questo il dato che vede la maggior distanza tra imprenditori tradizionali e founder di start-up. Se infatti solo il 27% delle imprese crede in una ripresa nel breve termine, per 8 start-up su 10 la situazione del proprio business è destinata a migliorare già quest’anno.
Certo, non c’è, nell’ecosistema dell’innovazione, la pretesa di riuscire a fare tutto da soli. I tre quarti delle start-up sentono il bisogno di servizi bancari dedicati e, in generale, c’è un ampio ricorso alla consulenza su aspetti di natura fiscale e legale, così come la necessità di interfacciarsi con enti governativi, regioni, associazioni di categoria e incubatori d’impresa. Ma è sui nuovi bisogni delle start-up che la ricerca OfficinaMps-Swg porta alla luce un mondo forse mai emerso chiaramente fino ad oggi.
In termini di servizio emergono il bisogno di networking, per ampliare il raggio del proprio business e stringere alleanze al fine di espandere i servizi offerti. Individuare figure di consulenza specializzate e specifiche per le varie fasi che accompagnano una start-up: dalla ricerca dei giusti bandi alla razionalizzazione delle risorse e il perfezionamento di un business plan, e la necessità di ampliare i propri orizzonti per spingersi verso l’internazionalizzazione.