Tanti dubbi e poche certezze. Ricorre oggi il 42esimo anniversario della strage di Ustica, avvenuta il 27 giugno 1980, sulla quale non è mai stata fatta completamente luce.
Alle ore 20,59, un aereo DC9 della compagnia Itavia partito in ritardo (la partenza era precedentemente programmata alle 18,15) dall’aeroporto di Bologna-Borgo Panigale in direzione Palermo-Punta Raisi, scompare improvvisamente dai radar a poca distanza dall’isola siciliana di Ustica.
Alle prime luci dell’alba del giorno successivo, a seguito della segnalazione di un elicottero partito da Catania, vengono avvistati dei detriti appartenenti all’aereo. Confermato, quindi, lo schianto nelle acque del mar Tirreno meridionale.
Le vittime sono 81, tra passeggeri ed equipaggio, compresi 13 bambini. I corpi che vengono recuperati sono 39 e non c’è nessun sopravvissuto. Si tratta del quarto disastro aereo più grande della storia della Repubblica italiana per numero di deceduti.
Sono numerose e controverse le ipotesi formulate nel corso di questi anni. Tra queste, l’abbattimento dell’aereo civile da parte di un missile per mano militare o l’esplosione di una bomba a bordo posizionata nella toilette.
Non è stata considerata, fin da subito, la supposizione relativa al possibile cedimento strutturale a causa di un guasto. Nessuna anomalia era stata riscontrata prima e dopo la partenza.
Prospettive inquietanti, proiettate su un mar Mediterraneo allora considerato una vera e propria “polveriera” per le forti tensioni causate dalla “Guerra Fredda” tra il blocco occidentale e il blocco sovietico.
Indagini, accertamenti e interrogazioni non sono riusciti a ricostruire esattamente cosa è successo quella notte, così come non sono mai stati identificati i responsabili.
E i sospetti di depistaggi non sono mai stati completamente cancellati. Riaffiorano nuovamente ai giorni nostri, come dei fantasmi.
Una ferita ancora aperta non solo per il nostro Paese, ma anche per tutte le famiglie delle vittime della strage che attendono ancora di conoscere la verità.