PALERMO – “Zes e autonomia differenziata sono due modelli incompatibili: da un lato, correttamente, si prova a ricostruire un’unità degli interventi per il Sud attraverso la Zes unica, che comporta, in parte, un accentramento delle scelte strategiche da parte del Governo; dall’altro lato, invece, si sta provando a fare l’autonomia differenziata con il rischio di frammentare ulteriormente le politiche pubbliche del Paese”. Sono le parole di Luca Bianchi, direttore dell’Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno (Svimez), intervenuto recentemente al convegno “Zes Unica: Una grande opportunità per il Mezzogiorno?”, che si è svolto a Palermo. Bianchi ha parlato dell’importanza del piano strategico della Zes che “potrebbe ridefinire il panorama industriale del Sud”. Il direttore della Svimez è intervenuto ai nostri microfoni.
Direttore, lei parla di incompatibilità tra Zes unica e Autonomia differenziata. Quali rischi correrebbe la Sicilia?
“La Zes è un tentativo di costruire un disegno strategico per tutto il Mezzogiorno, mentre l’autonomia differenziata è la frammentazione degli interventi a livello regionale. Ciò comporterebbe, non solo meno risorse per i servizi per le regioni più povere del Sud come la Sicilia, ma anche politiche differenziate per comparti fondamentali per lo sviluppo economico come l’energia, le grandi infrastrutture e un pezzo della regolamentazione sul lavoro e sulle politiche industriali”.
Quali settori, a suo avviso, verrebbero più colpiti in Sicilia in ambito Zes se l’autonomia differenziata venisse realmente attuata?
“Il primo settore potrebbe essere proprio l’energia perché è una delle materie oggetto di delega regionale ma anche le prospettive siciliane in ambito di logistica e sarebbe più difficile da cogliere la grande opportunità riguardante la centralità nel Mediterraneo senza una politica coordinata a livello nazionale, per esempio, sulle grandi infrastrutture. Noi della Svimez siamo favorevoli al progetto del ministro Fitto di riordinare le Zes all’interno della Zes unica ma richiamiamo ad una coerenza d’approccio”.
Lei pone l’accento sull’importanza del piano strategico della Zes unica. Su cosa dovrebbe puntare?
“Il piano strategico è fondamentale perché costituisce l’occasione per attuare una politica industriale che metta al centro alcuni potenziali di crescita esistenti nel Mezzogiorno ed è evidente il caso della Sicilia. Dal piano strategico deve scaturire lo sviluppo di alcuni settori che nella vostra regione stanno ottenendo dei buoni risultati come la filiera connessa all’energia rinnovabile, il settore farmaceutico e soprattutto il settore agroalimentare che però necessita di investimenti infrastrutturali e di un supporto al sistema produttivo e alla nascita di nuove imprese”.
Si susseguono gli incontri, presso il Ministero per il Sud, per l’entrata a regime della Zes unica. Il QdS ha intervistato sull’argomento Attilio Montalto, segretario generale dell’Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale.
Come procede la messa in atto della Zona speciale unica?
“Una disposizione a livello ministeriale ha modificato gli assetti gestionali della Zes, che diventa Unica, mentre dal punto di vista del vantaggio le regole non cambiano. Due elementi fanno leva sulle Zes: le agevolazioni fiscali per le imprese che investono in determinate aree geografiche individuate dal decreto, che dovrà essere rifatto alla luce dell’accentramento sotto un’unica direzione dell’attività relativa alle Zes e le procedure più snelle, che già esistevano in precedenza in forma frazionata, suddivisa sulla base delle aree geografiche. C’è una struttura di missione e alla luce del piano strategico Zes che stanno per redigere, verranno stabilite le tipologie degli interventi e le modalità con cui dovranno essere attuati e in più gli aspetti riguardanti lo sviluppo, per il futuro, nelle aree più svantaggiate del Paese”.
Quali sono ancora i nodi da sciogliere?
“Nessuno, hanno le idee molto chiare: mentre prima la regia era frazionata per aree geografiche, adesso è unica e svilupperà il piano strategico che andrà a individuare i settori nei quali gli imprenditori potranno intervenire nelle aree indicate dove creare sviluppo. Gli elementi importanti, ripeto, sono due: defiscalizzazione e snellimento delle procedure. A latere si sta anche lavorando sulla zona franca: è un aspetto che verrà affrontato a seguito dell’individuazione del piano strategico e dovranno essere riviste, per ogni regione, quali potrebbero essere le aree di interesse per attivare delle zone franche anche dal punto di vista fiscale con ulteriori agevolazioni. Rispetto al passato alcune geometrie viarie verranno riviste”.
La nostra terra si sta adattando ad una cabina di regia lontana? O c’è il rischio di dispersione di quanto fatto a livello regionale?
“Non credo, perché l’obiettivo è armonizzare le diverse tipologie di esigenze, motivo per cui dovranno sviluppare un piano strategico per la Zes unica. Prima si agiva su territori come adesso, solo che attualmente si guarda a uno sviluppo più generale come per i sistemi portuali che sono stati rivisti per far sì che ci sia un sistema che si specializzi e sia attrattivo per le esigenze del territorio e le potenzialità di sviluppo sulla base dei traffici dei trasporti marittimi in generale. Gli impulsi vengono sempre dal territorio e durante una delle ultime riunioni ci è stato chiesto di dare un contributo su quelle che sono le priorità di opere complementari a quelle che sono già in finanziamento e realizzeremo entro il 2026”.
Quando pensa che la Zes unica sarà pienamente attiva?
“Presumo dipenda dal piano strategico ma non penso vogliano allungare i tempi perché è stato fatto molto lavoro e abbastanza bene, anche se frazionato per regioni, e quindi ritengo che vogliano mettersi a lavoro a breve innescando, nei grandi progetti che stiamo realizzando, le attività a latere che facciano sì che questi progetti non siano finalizzati soltanto a un settore specifico ma siano collegati ad altro”.