TAORMINA (ME) – Se “da San Martino l’inverno è in cammino” – come recita un vecchio detto popolare – a Taormina, nello stesso giorno dell’anno dedicato all’assaggio del vino nuovo, si è messo in cammino anche il dissesto finanziario. L’11 novembre si è ufficialmente insediata la Commissione straordinaria di liquidazione per l’amministrazione della gestione e dell’indebitamento pregresso del Comune, composta dai tre funzionari che sono stati nominati con decreto del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo scorso 25 ottobre: il vice prefetto Tania Giallongo, il segretario generale Lucio Catania, e il funzionario economico in quiescenza Maria Di Nardo. La scelta del presidente – deliberata nel primo incontro tenutosi a Palazzo dei Giurati – è caduta su Lucio Catania, che guiderà il neo organo comunale fino alla fine dell’attuale legislatura, cioè presumibilmente fino a giugno del 2023.
Si è chiusa così la fase preliminare di avvio del dissesto finanziario, che il Consiglio comunale taorminese aveva votato il 22 luglio (delibera numero 66), in attesa appunto che il Presidente della Repubblica, su proposta del ministero dell’Interno, provvedesse alla nomina della triade di commissari deputati esclusivamente ad estinguere i debiti dell’ente, in questo caso accumulati fino al 31 dicembre del 2020. La dichiarazione di default non ha comportato infatti, la caduta dell’Amministrazione guidata dal sindaco, Mario Bolognari, ma semplicemente portato alla costituzione di un nuovo organo, interno e funzionale al Comune stesso, ma totalmente autonomo rispetto alla Giunta e al Consiglio comunale, chiamato a sostituirsi nell’attività della liquidazione.
Bisognerà in particolare fronteggiare quasi 21 milioni di euro di debiti che Taormina non è riuscita a sostenere all’interno di un Piano di rientro pluriennale. Ricordiamo infatti, che la dichiarazione di dissesto finanziario è stata una diretta conseguenza della bocciatura, da parte della Corte dei Conti Sicilia, del Piano di riequilibrio che era stato proposto da Palazzo dei Giurati, sin dal 2018. In esso erano stati riconosciuti soltanto 18,4 milioni di euro di debiti fuori bilancio (di cui 11,8 risalenti addirittura a prima del 2001), che poi si era scoperto essere stati sottodimensionati, rispetto a ulteriori 2 milioni e mezzo non ricompresi, ma per i quali non sarebbe stato più possibile trovare copertura. Questo aspetto, unito al fatto che nessun accordo transattivo aveva trovato adesione da parte dei creditori, e che non sarebbe stato possibile richiedere un mutuo alla Cassa depositi e prestiti per coprire almeno 11 milioni di debiti, avevano convinto i giudici contabili a bocciare il Piano.
La patata bollente passa adesso nelle mani dei tre commissari, che con il supporto degli uffici comunali avranno carta bianca nell’intraprendere qualsiasi tipo di provvedimento che sia utile a ripianare i debiti e a raggiungere il risanamento, anche attraverso la vendita di beni immobili ritenuti alienabili. Diventa sempre più concreta, per esempio, la possibilità di vendita del Capalc di contrada Sant’Antonio, cioè la struttura che doveva essere e non è mai stata una scuola convitto alberghiera di livello internazionale, rimasta in cima alla lista dei possibili beni in vendita del Comune, e dalla quale si pensa di ricavare fino a oltre 22 milioni di euro, grazie a un cambio d’uso in funzione turistica e alberghiera.
Per un Comune che sconta circa 30 milioni di euro di tasse non riscosse (molte delle quali non più esigibili), è già stato scongiurato invece un nuovo aumento delle imposte, perché già da alcuni anni venivano applicate le aliquote più alte per l’Imu, il servizio idrico, l’imposta di soggiorno per i turisti, il canone unico per i diritti di pubblicità e di occupazione del suolo pubblico, così come gli altri servizi a domanda individuale come asilo, illuminazioni votive e uso dei locali comunali.
Twitter: @MassimoMobilia