A Palermo, proprio qualche giorno fa, alla prima di “Misericordia” di Emma Dante, i dipendenti del Teatro Biondo hanno letto un documento di protesta legata alla mancata erogazione del contributo da parte del Comune di Palermo.
Gli operatori dello spettacolo dal vivo siciliano hanno espresso anche forte preoccupazione per la condizione di crisi in cui versa l’intero comparto, costituito in prevalenza da una molteplicità di organismi indipendenti e privati.
“Questi ultimi – si legge in una nota – svolgono, al pari degli organismi a partecipazione pubblica, una funzione analoga ben riconosciuta dal Ministero della Cultura, diffondendo e determinando la crescita culturale e la capillare occupazione di centinaia di lavoratori dello spettacolo in ogni angolo della Regione.
Numerose sono le realtà siciliane di interesse nazionale riconosciute dal FUS (Fondo unico per lo Spettacolo): due Centri di produzione teatrale a Palermo e a Catania (Teatro Libero e Teatro della Città), un centro di produzione della danza, in corsa per diventare Centro di Rilevante interesse culturale Danza (Scenario Pubblico / Zappalà Danza di Catania); un centro di programmazione multidisciplinare (ZO Culture di Catania) e undici Associazioni concertistiche”.
Oltre cinquanta sono poi le imprese siciliane riconosciute dal Ministero: imprese di produzione, organismi di programmazione, festival di teatro, musica, danza, circo, teatro di figura. Queste realtà diventano centinaia se si aggiunge la fittissima rete di compagnie di produzione e collettivi artistici siciliani riconosciuti ai sensi delle leggi di settore della Regione Siciliana nel FURS Regionale nell’ambito della prosa, della danza e della musica.
“Un intero comparto che soffre, al pari dei Teatri a partecipazione pubblica, le conseguenze ancora non superate di una pandemia che persiste da oltre due anni”, prosegue ancora la nota.
“Tutto il settore dello spettacolo dal vivo – spiegano gli operatori – auspica la presa di coscienza da parte delle istituzioni politiche del necessario superamento, nella nostra regione, della ingiustificabile distinzione tra pubblico e privato, come già è di fatto avvenuto a livello nazionale. Ciò garantirebbe una più equa distribuzione delle risorse, con l’adozione di politiche inclusive di coinvolgimento di tutti i soggetti e l’adozione di una visione strategica di sistema, che si ponga l’obiettivo della crescita culturale e della tutela del patrimonio culturale stesso che il comparto rappresenta, non solo per le grandi città metropolitane ma per l’intera Regione. (…) L’intero settore chiede l’apertura di un tavolo di crisi che coinvolga la Regione, le Città metropolitane, i Comuni Siciliani e le rappresentanze sindacali, al fine di valorizzare appieno la funzione pubblica integrata dell’intero comparto, sostenendola con regolarità e con adeguate risorse.”.
“Ogni investimento nel settore godrà di un effetto moltiplicatore, con ampia e forte positiva ricaduta su tutto il mondo produttivo regionale e sulla pluralità dell’offerta e della domanda culturale dei territori”, concludono.