Ci sembra l’Italia delle commedie di Feydeau, quando gli attori entravano e uscivano dalle stanze, giocando sugli equivoci, non riconoscendosi e dicendo dell’altro qualcosa che non aveva detto. Insomma, commedie farsesche che facevano divertire il pubblico e che oggi purtroppo non vengono più rappresentate, nonostante la loro attualità.
Il preambolo ci porta direttamente alla questione dei Rifiuti solidi urbani che il Governo Renzi – ricordiamo a grande maggioranza del Partito democratico – ha regolamentato con una legge e precisamente la numero 164 del 2014, la quale stabiliva all’art.35 “misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani….”.
La stessa legge demandava a un successivo decreto attuativo l’esecuzione. Tale decreto (Dpcm) è stato emanato dal Consiglio dei ministri il 10 agosto 2016, quindi ben venti mesi dopo (alla faccia della celerità).
Il citato decreto fa riferimento alla direttiva 2008/98/CE, approvata sia dal Parlamento europeo che dal Consiglio del 19 novembre 2008. Tale decreto prescrive l’insediamento di impianti di incenerimento (allora così definiti) nel territorio nazionale. In particolare per la Sicilia ne sono previsti due in modo da soddisfare il fabbisogno che residua dalla raccolta differenziata, pari a 685.099 tonnellate.
Il decreto è vecchio di sei anni e ha in sé tre difetti. Il primo riguarda la non previsione di una Valutazione ambientale strategica (Vas) preventiva. Su questo vulnus si sono attaccate l’associazione “Verdi ambiente e società – Aps onlus” ed altre, le quali hanno ottenuto dal Tar Lazio, con sentenza del 20 luglio 2020, l’annullamento del Dpcm “per la parte che non prevede l’espletamento di previa Vas statale”.
Ma, come al solito, le stesse associazioni hanno diffuso comunicati dicendo che tutto il decreto era stato annullato: un falso, come si può dedurre dall’attenta lettura della sentenza, per cui sarebbe stata sufficiente l’integrazione del citato Dpcm con la previsione della Vas statale, perché esso rimanesse totalmente valido. Questo non è stato fatto perché l’insipienza dei Governi è nota a tutti i cittadini.
Il secondo difetto del decreto risiede nella determinazione di poco meno di 700 mila tonnellate di rifiuti in Sicilia, in quanto la differenza di circa 1,5 milioni di tonnellate dovrebbe essere smaltita con la differenziata. Ora, è a tutti noto che tale raccolta mediamente nei comuni siciliani è all’alba. Secondo i numeri della Regione, la quantità raccolta in tal modo nell’Isola è intorno al 40% che, su 2,2 milioni di tonnellate, è pari a circa 880 mila tonnellate, circa la metà di quanto si dovrebbe differenziare in base al superiore decreto.
Il terzo difetto del decreto riguarda la denominazione di “inceneritori” perché già nel 2014 la tecnologia era più avanzata e aveva fatto denominare tali impianti “termovalorizzatori”. Non si è trattato di una differenza terminologica, ma effettiva perché l’inquinamento di tali impianti è circa la metà degli inceneritori.
I soliti disinformati, che quindi potremmo definire “falsi ambientalisti”, continuano a usare il termine inceneritore, non sappiamo se in buona o in cattiva fede. A voi l’opinione.
Non va dimenticata l’omissione, voluta o meno, del Dpcm integrativo (quello che prevedeva la Vas) e soprattutto l’aggiornamento fondamentale del riferimento a impianti non più di incenerimento ma per la produzione di energia, biocarburanti, prodotti per l’agricoltura e le strade, in altri termini i “Termocombustori”. Questi sono molto più avanzati tecnologicamente dei termovalorizzatori e hanno un inquinamento quasi vicino allo zero e inferiore persino a quello di un autobus pubblico.
In questo quadro, nel 2017, quando venne a trovarci Nello Musumeci per il Forum pubblicato il 23 settembre, gli chiedemmo se il suo programma prevedeva l’applicazione delle norme citate e quindi l’insediamento dei due termovalorizzatori, oggi termocombustori. Ci disse che non era contrario ma ha impiegato quattro anni per arrivare alla dichiarazione con la quale ha deciso di pubblicare il bando.
Ci sorprende la posizione di Anthony Barbagallo, segretario regionale del Pd, che contraddice una legge approvata a grande maggioranza del suo partito ben otto anni fa.