Sono passati cinquantacinque anni dal terribile terremoto che devastò la “Valle del Belìce” seminando morte e distruzione, cancellando interi paesi. Furono circa trecento i morti, circa cinquecento i feriti, molte decine di migliaia gli sfollati e oggi i segni di quella devastazione sono ancora vivi.
“Una perenne e continua ferita aperta, perché la viviamo ancora oggi, tanti i morti anche a Montevago. Per noi è un momento che non è mai passato”, dichiara Margherita La Rocca Ruvolo sindaco di Montevago a margine della fiaccolata che dalla chiesa Madre Ss. Pietro e Paolo ha raggiunto la Chiesa Madre del vecchio centro abitato, dove è stata deposta una corona d’alloro per ricordare le vittime del sisma.
Una forte scossa di terremoto, che colpì quindici paesi, di questi Gibellina, Montevago, Salaparuta, Santa Margherita e Poggioreale completamente distrutti; dopo oltre cinquant’anni la ricostruzione in alcuni paesi non è ancora completata.
“In termini di costruzione il paese maggiormente colpito è Santa Margherita di Belice dove le opere di urbanizzazione non sono state completate, continua La Rocca Ruvolo.
“Dall’altro lato abbiamo la piaga dell’amianto, c’è un continuo rimballo di responsabilità, a volte ci sono i progetti ma mancano i soldi e viceversa, ad oggi non c’è un punto di svolta e spero che questo anno ci porti delle risposte che aspettiamo da troppo tempo. A Montevago ci sono tre villaggi che devono essere bonificati dall’amianto, quello che resta di una chiesa e un poliambulatorio, diversi interventi che vanno definitivamente risolti”, ha concluso la sindaco di Montevago.
Irene Milisenda