Fatti

Terremoto Valle del Belìce, dopo 54 anni la ricostruzione è incompleta

Ad oltre cinquant’anni di distanza del terribile terremoto che, tra il 14 e il 15 gennaio, distrusse la valle del Belìce, la ricostruzione non è ancora completa.

La ferita, dopo più di mezzo secolo, è ancora aperta. Lo ha denunciato a gran voce, con una protesta dal forte valore simbolico, Francesco Valenti, sindaco di Santa Margherita di Bélice, uno dei comuni più colpiti. Il primo cittadino, in un video pubblicato sui social, si è “travestito” da fantasma. Coperto con un lenzuolo bardato dalla fascia tricolore, ha tuonato: “Sono un sindaco fantasma, per lo stato il mio comune non esiste”.

Il Qds.it lo ha voluto intervistare, per puntare i riflettori su questa vicenda paradossale e per conoscere le difficoltà di un territorio dopo il tempo sembra essersi fermato alla notte del sisma.

La ricostruzione incompleta

“É veramente triste, esordisce Valenti, parlare di ricostruzione incompleta dopo cinquantaquattro anni dal sisma. Nel mio comune ci sono ancora 84 prime unità immobiliari da ricostruire e un intero quartiere senza opere di urbanizzazione primaria. Per questo cerco in tutti i modi di far sì che, chi di dovere, ne prenda atto. Una situazione assolutamente scandalosa che racconta di un terremoto dimenticato, di un territorio dimenticato e di gente dimenticata. I nostri cittadini hanno conosciuto prima la tendopoli, poi oltre venti anni di baraccapoli e continuano a respirare la polvere di amianto. É ingiusto e indecoroso per uno stato di diritto”.

Il sindaco fantasma e la vera storia del Belìce

“La provocazione del sindaco fantasma, spiega Valenti, nasce per questo, in un’Italia dove bisogna essere sopra le righe per farsi notare. Il gesto, alla fine, è servito a portare la vicenda anche sulla stampa nazionale e per far capire a tutti che c’è questa ferita ancora aperta. Ho anche cercato di raccontare la vera storia di quello che è accaduto in questi anni, perché sono state dette e scritte tante inesattezze. La prima legge sulla ricostruzione risale al 1976, dopo otto anni dal sisma. Chi ha ricostruito da quel momento fino al 1987 doveva contribuire con il 40% di risorse proprie. Solo successivamente il Belìce ha avuto una legge che lo equiparava ad altri territori italiani colpiti da terremoti. Su questo evento lo stato ha lucrato, lo dico sulla base di dati precisi aggiornati al 2015. In termini economici, prosegue, il terremoto è costato 9.179 milioni di euro, ma con le accise sulla benzina lo stato ha incassato qualcosa come 24.633 milioni. Per questo chiediamo per due volte giustizia. Non voglio assolutamente entrare in polemica con chi ha vissuto un dramma simile, ma i dati dicono che un senzatetto della Valle del Belìce, per lo stato italiano, vale un terzo rispetto ad uno friulano e un quinto rispetto ad uno della Lombardia o dell’Emilia – Romagna. Dopo cinquantaquattro anni è giunto il momento che lo stato onori il suo debito”.

“Con i fondi del PNRR non ci sono più alibi”

Mi preme sottolineare che, a differenza del passato, non può esistere la scusa della mancanza di risorse. Con i fondi del PNRR non ci sono più alibi e si deve dire che, allora, c’è la cinica volontà di penalizzare ingiustamente un territorio.  Io ho scritto sia al premier Conte che a Draghi, ma non ho avuto alcun riscontro. É giusto precisare che esiste un coordinamento dei 21 sindaci della valle del Belìce. Il coordinatore è Nicola Catania, primo cittadino di Partanna, che in questi mesi ha avuto delle interlocuzioni con il Ministero delle Infrastrutture. Nel dicembre 2019 abbiamo avuto un incontro con l’allora viceministro Cancelleri. In ordine di tempo è stato l’ultimo politico che ha preso impegni, poi puntualmente disattesi. Da un comunicato del sindaco Catania abbiamo appreso che, secondo le parole dello stesso Cancelleri, l’emendamento Belìce non viene presentato perché il ministro Giovannini non lo ha voluto portare avanti. Devo anche dire che non abbiamo sentito né il sostegno né la vicinanza dei parlamentari nazionali siciliani. Mi chiedo, quindi, cosa facciano a Roma e quanto contino. La politica attuale, peraltro, non mi appassiona. É una politica in cui non si può discutere e non si può dibattere, fatta da tecnici e burocrati”.

Quanto serve per la ricostruzione?

I numeri complessivi, relativi a tutto il territorio del Belìce sono perfettamente noti al ministero, li abbiamo forniti anche di recente. Per quanto riguarda il mio comune, secondo quanto stabilito dall’ufficio tecnico, tra opere di urbanizzazione, prime unità immobiliari e altri interventi, occorrono complessivamente 57 milioni. Se non ora quando? É arrivato il momento, conclude Valenti, di chiudere questo capitolo, la gente del Belìce lo merita”

Vittorio Sangiorgi