II comparto della pesca italiana e siciliana deve affrontare, da anni, perduranti e serie difficoltà, giunte al parossismo a causa del recente caro carburante. Una situazione che ha determinato lo sciopero di numerose marinerie in tutto il paese e che, nonostante i provvedimenti del governo, rischia di fiaccare ulteriormente imprese e lavoratori. Il Qds.it ha intervistato Tommaso Maccadino, segretario regionale di Uila Pesca.
Sebbene il prezzo del gasolio per la pesca non sia gravato dalle accise, ha comunque registrato incrementi insostenibili: “Siamo passati da un costo di 0,50 a 1,10 nell’arco di tre mesi. Un aumento sconsiderato, che sta mettendo in crisi il settore della pesca”. Una crisi già esistente, precisa Macaddino, per altre ragioni come “il perdurare dell’assenza di una politica della seria e condivisa con i paesi rivieraschi, anche rispetto al costo del gasolio che vede, ad esempio, la Tunisia acquistarlo a 0.25. Con la beffa che il pescato lo facciamo negli stessi areali”.
Ma quanto hanno inciso questi aumenti sul guadagno netto? Il segretario siciliano di Uila Pesca ce lo spiega snocciolando alcune cifre: “Il contratto di lavoro per gli imbarcati sulle navi da pesca è ‘alla parte’. Vale a dire che, dal ricavato della vendita del pesce, vengono tolte le spese per il gasolio, per i viveri da consumare a bordo, per oli combustibili, esche ed imballaggi. Il ricavato netto, poi, viene diviso al 50% fra l’equipaggio e l’armatore. Se si pensa, prosegue, che il gasolio rappresenta l’80% delle spese, ecco che il lavoratore ha più che dimezzato il proprio salario, ma anche l’armatore vede in grande difficoltà la propria azienda”.
Quello del caro carburante, tuttavia, è solo l’ultimo problemi per il settore. “Le altre criticità che ormai da tempo regnano nel settore, spiega Maccadino, sono i continui regolamenti europei: la restrizione delle maglie delle reti, la continua riduzione delle giornate complessive di pesca che si possono fare nell’arco di un anno, l’ampliamento di regole tecnico- burocratiche, che vanno bene per le grandi navi ma che nulla hanno a che fare con i motopescherecci”
“Inoltre la totale assenza di una politica vera della pesca, che veda un confronto di merito ai tavoli europei al fine di stabilire una concreta politica del Mediterraneo e dei rapporti con i paesi rivieraschi. Infatti oggi negli stessi mari vanno tanti pescherecci di diversi stati con regole, diritti e doveri ognuno diverso dall’altro in termini di mestieri , di areali di pesca e di sicurezza. Per non pensare, conclude, agli annosi problemi legati al sequestro di uomini e mezzi da parte dei selvaggi libici comandati dal pseudo generale Haftar”.
“Cosa chiediamo alle istituzioni? Innanzitutto una politica della pesca nazionale, e per quanto ci riguarda regionale, che miri al rimodernamento del settore (vetusto sia nei mezzi che nelle innovazioni tecnologiche) e che, nella nostra regione, guardi alle 31 marinerie siciliane, diverse per mestieri, caratteristiche, tradizioni. Occorre che il settore sia finalmente e strutturalmente dotato di un ammortizzatore sociale quale la cassa integrazione, al fine di garantire ai lavoratori un reddito di sostegno quando sono costretti a fermarsi, per esempio per condizioni meteo avverse, oppure per avaria all’imbarcazione e restano terra senza salario. Ai lavoratori del mare deve essere riconosciuto lo status di lavoro usurante. Ne parlano tutti ma chi deve fare, cioè il Parlamento italiano, non lo fa. Occorre, infine, una forte riduzione del prezzo del gasolio, ma anche l’innovazione commerciale del prodotto attraverso attività che vedano la promozione del nostro pescato, che tanti mercati ci invidiano, con la partecipazione diretta dei lavoratori e delle imprese”.
Infine chiediamo a Maccadino se, stante l’attuale situazione, si possano prevedere altre proteste: “Al momento, risponde, tutto il settore è in stato di agitazione. Stiamo sollecitando tutte le istituzioni a trovare soluzioni certe e condivise che possano fare uscire il settore da questo momento drammatico, ma non escludiamo che con mancate o parziali risposte, porremo in atto forme di protesta anche arrivando al fermo di tutte le marinerie”.
Vittorio Sangiorgi