Pezzi di Pizzo

Un tram (il Pd) chiamato desiderio

Era il momento, in questo momento così difficile per il paese, di aprire questo psicodramma umano oltre che politico?

Che Zingaretti avesse più di una sembianza di fragilità umana oltre che intellettuale era evidenziato dalla preponderante ombra del Compagno Bettini che dava l’evidente impressione di dettare la linea del secondo partito della coalizione oggi al governo.

Il metodo e il linguaggio usato però sorprendono. Dimissioni su FB usando parole come “vergogna” e “poltrone”, come il sempre vituperato Renzi. Non un accenno di discorso politico, di linea, di dibattito tematico.

Il PD, in tempi di leaderismo spinto, era rimasto l’unico partito a mantenere una determinante clausola di salvaguardia della democrazia. Il dibattito interno su linee politiche e su personalità non soggiacenti.

Oggi con le dimissioni del capo politico dell’ultimo partito virtualmente democratico si  prefigura che il normale dibattito interno debba scomparire se no il capo va in tilt o in depressione.

Quali erano le contestazioni a Zingaretti? Una linea di fusione con un caotico e mercuriale movimento 5Stelle, un appiattimento sui loro temi e provvedimenti, assenza di proposte forti e innovative. In più una componente di critica alla scarsa personalità dell’uomo alla guida.

Partiamo dall’ultima considerazione. Zingaretti ha la sfiga di avere un fratello che almeno figurativamente sembra di possedere il doppio della personalità dell’altro. E questa cosa nell’immaginario di una società della comunicazione pesa enormemente. È come se uno fosse Bjorn Borg e l’altro il simpatico ma modesto Barazzutti. Conchita De Gregorio ha avuto la spietata pietàs per dirlo piatto, concretamente come fanno le donne quando un problema è sul tavolo.

Ma sulle critiche politiche di appiattimento sui 5stelle, su Conte leader, tirato fuori dal cilindro, dei progressisti, sulla carenza di idee forti per far crescere un partito ed un paese trovate che siano ingenerose ed accanite?

A me sembra il minimo sindacale dopo la lenta debacle del Conte bis, la gestione di una crisi senza uno straccio di idea oltre che o Conte o morte, dopo la fulminea mossa di Mattarella che decreta il fallimento dei giallorossi chiamando Draghi per salvare il paese finito in mano ad una coalizione imbelle.

A questo punto le cose sono due. La prima è che Zingaretti, brava persona, come lo è anche Bugo a Sanremo, non era tagliato per guidare un partito plurale come il PD. E se ne va in maniera fragile ed impolitica come è arrivato.

La seconda è che il PD ha terminato un incongruo, se vogliamo, esperimento politico dovuto più alla spinta di sopravvivenza di due forze residuali alla prima Repubblica che a una nuova prospettiva e visione di un paese. La fusione a freddo, come diceva Macaluso, non è riuscita. Lotti e Orlando, Bettini e Guerini che ci azzeccano direbbe Di Pietro.

Il PD era il tutto ed il contrario di tutto, quindi ondivago e senza direzione di marcia. Sarebbe ora, se non di liberare energie, almeno di sciogliere queste contraddizioni.

La Pandemia morde e il paese se snobba Sanremo non ha neanche tempo per l’apprezzabile dramma di un tram chiamato desiderio.

Gatto Silvestro