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Un tram (il Pd) chiamato desiderio

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Un tram (il Pd) chiamato desiderio

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venerdì 05 Marzo 2021

Era il momento, in questo momento così difficile per il paese, di aprire questo psicodramma umano oltre che politico?

Era il momento, in questo momento così difficile per il paese, di aprire questo psicodramma umano oltre che politico?

Che
Zingaretti avesse più di una sembianza di fragilità umana oltre che
intellettuale era evidenziato dalla preponderante ombra del Compagno Bettini che
dava l’evidente impressione di dettare la linea del secondo partito della
coalizione oggi al governo.

Il metodo e
il linguaggio usato però sorprendono. Dimissioni su FB usando parole come
“vergogna” e “poltrone”, come il sempre vituperato Renzi. Non un accenno di
discorso politico, di linea, di dibattito tematico.

Il PD, in
tempi di leaderismo spinto, era rimasto l’unico partito a mantenere una
determinante clausola di salvaguardia della democrazia. Il dibattito interno su
linee politiche e su personalità non soggiacenti.

Oggi con le
dimissioni del capo politico dell’ultimo partito virtualmente democratico si  prefigura che il normale dibattito interno
debba scomparire se no il capo va in tilt o in depressione.

Quali erano
le contestazioni a Zingaretti? Una linea di fusione con un caotico e mercuriale
movimento 5Stelle, un appiattimento sui loro temi e provvedimenti, assenza di
proposte forti e innovative. In più una componente di critica alla scarsa
personalità dell’uomo alla guida.

Partiamo
dall’ultima considerazione. Zingaretti ha la sfiga di avere un fratello che
almeno figurativamente sembra di possedere il doppio della personalità dell’altro.
E questa cosa nell’immaginario di una società della comunicazione pesa
enormemente. È come se uno fosse Bjorn Borg e l’altro il simpatico ma modesto
Barazzutti. Conchita De Gregorio ha avuto la spietata pietàs per dirlo piatto,
concretamente come fanno le donne quando un problema è sul tavolo.

Ma sulle
critiche politiche di appiattimento sui 5stelle, su Conte leader, tirato fuori
dal cilindro, dei progressisti, sulla carenza di idee forti per far crescere un
partito ed un paese trovate che siano ingenerose ed accanite?

A me sembra
il minimo sindacale dopo la lenta debacle del Conte bis, la gestione di una
crisi senza uno straccio di idea oltre che o Conte o morte, dopo la fulminea
mossa di Mattarella che decreta il fallimento dei giallorossi chiamando Draghi
per salvare il paese finito in mano ad una coalizione imbelle.

A questo
punto le cose sono due. La prima è che Zingaretti, brava persona, come lo è
anche Bugo a Sanremo, non era tagliato per guidare un partito plurale come il
PD. E se ne va in maniera fragile ed impolitica come è arrivato.

La seconda è
che il PD ha terminato un incongruo, se vogliamo, esperimento politico dovuto
più alla spinta di sopravvivenza di due forze residuali alla prima Repubblica
che a una nuova prospettiva e visione di un paese. La fusione a freddo, come
diceva Macaluso, non è riuscita. Lotti e Orlando, Bettini e Guerini che ci
azzeccano direbbe Di Pietro.

Il PD era il
tutto ed il contrario di tutto, quindi ondivago e senza direzione di marcia. Sarebbe
ora, se non di liberare energie, almeno di sciogliere queste contraddizioni.

La Pandemia morde e il paese se snobba Sanremo non ha neanche tempo per l’apprezzabile dramma di un tram chiamato desiderio.

Gatto Silvestro

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