Continuano le polemiche all’Università di Palermo, a seguito della diffusione della notizia da parte del blog di informazione Younipa dell’esistenza di una lista su WhatsApp riguardante le migliori studentesse nel far sesso presenti all’interno dell’ateneo.
A far emergere lo scandalo, lo scorso 24 novembre, è stata una studentessa, che ha denunciato al blog di essere finita proprio in quell’elenco.
A redigere questa “lista” sarebbe stato un dottorando di ricerca della facoltà di Economia dell’Università palermitana, che avrebbe poi completato l’opera diffondendola su vari gruppi WhatsApp.
Immediata la reazione di un gruppo di studentesse del Collettivo Medusa, che ha convocato un’assemblea generale per giovedì prossimo, ore 16, nell’Aula Cocchiara dell’edificio 12.
Le studentesse dell’ateneo come Anna Taibi, iscritta a Beni Culturali, hanno commentato la vicenda, denunciando l’accaduto e manifestando solidarietà nei confronti della collega.
“Episodi come questo ci fanno rendere conto di come uno spazio femminista all’Università sia necessario – dice Anna Taibi – e che l’emancipazione delle donne non sia affatto scontata, nemmeno negli ambienti accademici, tra i banchi dei dottorati, dove prende forma la classe intellettuale di domani, in perfetta continuità con le classi intellettuali stantie e reazionarie di oggi e di ieri. Nel mostrare solidarietà alla collega che sarebbe stata colpita dall’ennesimo episodio di sessismo all’interno dell’Università di Palermo, sentiamo il dovere di puntare i riflettori sull’ambiente accademico che nasconde e protegge, legittimando, chi fa violenza sulle donne”.
Il riferimento è alla reazione da parte della governance universitaria alla segnalazione, diffusa attraverso un sito non ufficiale dell’Ateneo. “La loro soluzione è stata quella di accusare di diffamazione la redazione del blog, senza proferire parola in merito ai fatti riportati – continua Taibi -. La mancanza di un dibattito pubblico intorno alla vicenda la rende ancora più grave, genera il rischio che il tutto venga nascosto e normalizzato e che non vengano messi in discussione i rapporti di potere vigenti all’interno del mondo accademico. Non basta istituire prorettorati all’Inclusione, Pari opportunità e Politiche di Genere, non basta inaugurare ogni anno panchine rosse per lavare via le responsabilità dell’ambiente accademico. Occorre che la comunità accademica si unisca perché non si permetta il verificarsi di cose simili, occorre che lanci un messaggio chiaro alle studentesse, alle ricercatrici, alle professoresse: nessuna di noi deve restare isolata”, ha concluso la ragazza.