ACIREALE – Fare il punto sulla gestione dei beni confiscati ad Acireale, facendo particolare attenzione a cosa sta accadendo attorno alla villa che un tempo fu della famiglia del cavaliere del lavoro Gaetano Graci. È l’obiettivo della carovana “Le scarpe dell’antimafia” che oggi farà tappa nella città dei cento campanili. L’iniziativa, nata qualche anno fa da un progetto de I Siciliani Giovani e che ha il sostegno di Arci, inizierà da Catania alle 10 dove gli attivisti daranno solidarietà al presidio in difesa della sanità siciliana che si terrà all’ospedale Garibaldi, per poi spostarsi nella frazione marinara acese di Pozzillo e infine concludersi nel pomeriggio con un’assemblea pubblica nei locali di Mistero Buffo, il locale circolo Arci.
A Pozzillo il gruppo raggiungerà un’imponente villa da quindici vani che si staglia sulla scogliera. Un tempo di proprietà di Placido Aiello, il genero di Graci, uno degli imprenditori che il giornalista Pippo Fava definì cavalieri dell’apocalisse mafiosa, l’immobile è stato per metà confiscato nel 2001. Il pronunciamento della Cassazione, che mise la parola fine sulla vicenda, arrivò a sette anni dall’inchiesta in cui, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, Aiello era stato coinvolto insieme al suocero.
In questi vent’anni, però, il bene – anche per via della non completa confisca – è rimasto in mano all’Agenzia dei beni confiscati, senza però essere messo a disposizione della collettività, annullando di fatto il significato sociale di sottrarre i beni a coloro che si ritengono legati alla criminalità organizzata. Come nel caso di Aiello che, a suo tempo, patteggiò una pena per concorso esterno. “Noi periodicamente facciamo un controllo per verificare lo stato degli immobili, da un punto di vista della gestione da parte dell’Agenzia dei beni confiscati, e pochi giorni fa ci siamo accorti che la villa di Pozzillo non è più tra quelli potenzialmente da destinare ad attività sociali bensì in vendita”, dichiara al Quotidiano di Sicilia Matteo Iannitti de I Siciliani Giovani.
Negli anni scorsi, gli attivisti hanno posto l’attenzione anche su altri beni sottratti alla mafia e ricadenti nel territorio di Acireale, rilevando situazioni tutt’altro che chiare. Nel caso di un appartamento nella frazione di Santa Maria Ammalati, la persona destinataria della confisca dei beni – in passato associata al clan Laudani – è risultata essere rimasta a vivere all’interno dell’immobile insieme alla propria moglie. Una storia che è finita anche all’attenzione dei media nazionali, ma che non ha portato a mutamenti del quadro, anche per via di un pronunciamento della giustizia amministrativa che ha riconosciuto il diritto della donna, cointestataria dell’immobile e non coinvolta nel procedimento di confisca, a rimanere a vivere nell’abitazione.
In un’altra circostanza, un terreno nella frazione di Pennisi – anche questo oggetto di confisca dei beni – è risultato essere a disposizione del proprietario, che, soltanto dopo essere finito al centro dell’attenzione con tanto di sit-in all’esterno dell’area, lo ha abbandonato. Un evento questo che fu preceduto da un quantomeno sospetto danneggiamento del terreno.
Storie che ripropongo all’attenzione generale un fenomeno che si registra in tutta la Sicilia e non solo: la disciplina che regola la confisca dei beni e il loro passaggio sotto il controllo dello Stato, nel momento in cui non riesce a garantire la restituzione degli stessi beni alla collettività, finisce per rivelarsi un’arma spuntata. Che non può essere riparata – secondo gli attivisti – dalla decisione di optare, in alcuni casi, per la cessione del bene nell’ottica di ottenerne una remunerazione.
“La scelta dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati di mettere in vendita la villa di Pozzillo per noi è scandalosa”, affermano i promotori della carovana Le scarpe dell’antimafia. A prendere parte all’assemblea pubblica di domani pomeriggio nel circolo Arci “Mistero Buffo” sarà anche il primo cittadino di Acireale Roberto Barbagallo.