“Il Covid ha riportato le lancette dell’orologio a 20 anni fa”: così titolavano i giornali qualche giorno fa spiegando che l’Italia ha bruciato il 9% del Pil proprio a causa della pandemia. Tra il 2019 e il 2020, il Pil Sicilia ha perso l’8,2%, passando da 85,5 a 78,5 miliardi (fonte: Istat, valori concatenati con anno di riferimento 2015).
La Sicilia, però, ci dice sempre l’Istat, dal 2000 al 2020 ha perso il 16,8% del suo Pil, contro il -5,2% registrato a livello nazionale.
Altro che venti anni fa! Le lancette dell’orologio sono andate molto più indietro in Sicilia, dal momento che nel 2000, con una ricchezza prodotta pari a 94,4 miliardi di euro, stavamo decisamente meglio.
Questi numeri drammatici ci dicono innanzitutto che la colpa di questo disastro non è solo dell’emergenza pandemica. Questi numeri ci restituiscono l’immagine di un tessuto produttivo reso estremamente fragile dall’incapacità della politica, a tutti i livelli, sia ben chiaro di dare alla Sicilia un futuro, una direzione.
Proprio qualche giorno fa è stato presentato a Palermo il rapporto sull’economia del Mediterraneo 2021-2022 a cura di Salvatore Capasso (direttore Cnr – Ismed).
Il Quotidiano di Sicilia lo ha intervistato. “Si tratta di una raccolta di saggi e approfondimenti scientifici argomenti specifici di uno scenario, che non si limita a snocciolare dati ma prova a interpretarli – spiega Capasso… CONTINUA LA LETTURA. QUESTO CONTENUTO È RISERVATO AGLI ABBONATI