“Fermiamo tutte le guerre. Il tempo per la pace è ora!”. Questo recita lo striscione apripista del corteo di Palermo. Questo il tema delle manifestazioni per la pace di oggi. In sette città italiane migliaia di persone sono scese in piazza per manifestare il proprio dissenso alle guerre in atto, sia sul fronte ucraino che su quello che ormai ha coinvolto l’intero Medio Oriente. Palermo è una delle sette città, insieme a Roma, Milano, Torino, Firenze, Bari, Cagliari e Sulmona. In apertura di corteo, dopo il raduno in piazza Croci, si erano messi in marcia circa un migliaio di persone. Ma alla manifestazione si sono aggiunte persone e bandiere lungo il cammino, ed al punto di arrivo in piazza Verdi erano quasi duemila. Al corteo sfilavano tutte le sigle di comparto della Cgil, l’Anpi, le Acli, Arci, il presidio Donne per la pace, Emergency, ed anche Alleanza Verdi e Sinistra Italiana ed il Movimento 5 Stelle. Manifestazione per la pace, e pacifica sotto ogni profilo, ordinatamente condotta lungo la via Libertà e via Ruggero Settimo fino alla meta davanti il maestoso Teatro Massimo.
Da “La guerra di Piero”, di Fabrizio De Andrè, a “Il mio nome è Mai più” di Ligabue, Pelù, Jovanotti, passando per brani di Bob Dylan e Bob Marley, la musica accompagnava il lungo corteo alternandosi con interventi di rappresentanti delle associazioni sul mezzo con l’amplificazione. Ai manifestanti è stata data lettura anche della lettera inviata da monsignor Corrado Lorefice e con la quale l’arcivescovo di Palermo ha anche ringraziato le persone che hanno preso parte al corteo. E tra le persone che hanno partecipato, anche a Palermo, c’erano anche tutte le generazioni. “Non siamo buonisti”, spiega al QdS il segretario di Cgil Palermo Mario Ridulfo. “Siamo qui perché è nell’interesse di tutti, degli italiani e delle italiane – afferma Ridulfo – scendere in piazza per la pace; il contesto che si è determinato nel Mediterraneo riguarda tutti, perché in questa parte del mondo si fronteggiano interessi economici ed anche interessi culturali tra grandi potenze che sono detentrici di armi nucleari”.
“Le manifestazioni sono un tassello importante”, per affermare la volontà popolare di porre fine ai conflitti per mezzo dei rispettivi governi, afferma Francesco Lo Cascio del Movimento Internazionale della Riconciliazione. L’ex sindaco di Palermo, l’eurodeputato Leoluca Orlando, afferma di partecipare alla manifestazione da palermitano, e che “quando si fa la guerra non vince nessuno”. Per Andrea Manerchia, della Cgil Fillea, “si deve parlare e si deve continuare a parlare della pace, perché è inaccettabile che ci siano dei posti in cui ci si sveglia la mattina ed è normale che piovano bombe sulla testa”. Monsignor Lorefice ha invece scritto il proprio desiderio di “aiuto, ringraziamento e incoraggiamento per coloro che hanno organizzato questa importante iniziativa”. La manifestazione ha avuto inizio come annunciato alle dieci del mattino e si è conclusa come da programma poco dopo le 13, ma gli organizzatori ed i rappresentanti delle sigle aderenti assicurano l’intenzione di non lasciare che questa rimanga un evento isolato.
Sul piano politico sono diverse le posizioni, e diverse le adesioni. Alleanza Verdi e Sinistra Italiana ed il Movimento 5 Stelle hanno partecipato alle manifestazioni nelle sette città, quindi anche a Palermo. Altri vessilli di partito con buona probabilità non sarebbero state accolte alla manifestazione per la pace, anche e soprattutto alla luce delle posizione assunte nel corso della votazione alla Camera dei deputati per le risoluzioni in vista del Consiglio UE e poi in seduta plenaria martedì 22 ottobre al Parlamento europeo. Anche sul fronte bellicista l’Italia sembra dividersi in modo diverso dalle tradizionali distinzioni Destra e Sinistra e si sposta sempre più verso la succube adesione al Patto Atlantico ed ai diktat degli Stati “alleati”dominanti da una parte e la visione di dissenso ed autonoma politica europea dall’altra. Posizioni politiche che potranno influenzare future elezioni politiche – in Italia e non solo – anche solo per l’influenza economico finanziaria che la nuova corsa agli armamenti ha sulle politiche sociali ed il welfare.
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