Speciale 25 novembre

Violenza di genere, neuropsicologa: “Donne, abbiate più amore verso voi stesse”

Il disamore verso se stesse, la paura di rimanere soli, il senso di colpa. Sono tanti gli elementi che possono causare squilibri all’interno di una coppia, dai quali possono scaturire episodi di violenza di genere. Che per la maggior parte dei casi, vengono perpetrati dai parenti pià prossimi: padri, fratelli, ma soprattutto compagni – o ex compagni – e mariti.

La giornata internazionale e la riflessione sulla violenza di genere

In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, abbiamo parlato con una neuropsicologa clinica, la dottoressa Silvia Lagati, per capire come riconoscere i segnali di un rapporto squilibrato, di un amore non tale che potrebbe sfociare in violenze – fisiche e psicologiche – o in tragedie.

In termini psicologici, una donna che vive una condizione relazionale tossica ha un concetto errato di amore?

“L’amore per se stessi ci rende capaci di porre degli obiettivi nella vita, raggiungerli, essere soddisfatti e appagati dei traguardi raggiunti, della nostra personalità. Ma soprattutto, aver cura di noi è preservare il nostro benessere. Bene, in una relazione di coppia quanto ci amiamo? Pare che il bene proprio venga posto in un angolo e tutto inizia qui: porre il nostro benessere in secondo piano per amore dell’altro.

Cosa distingue una relazione sana da un rapporto squilibrato o un caso di violenza di genere?

“Beh, occorre sia presente innanzitutto una comunicazione efficace con il partner. È di fondamentale importanza condividere emozioni, opinioni, turbamenti, risolvere i problemi insieme. Poi, occorre darsi aiuto reciproco, prendersi cura l’uno dell’altra e poi serve il rispetto e l’accettazione. Bisogna stimare l’altro. Quando manca anche solo uno di questi criteri della relazione può non essere funzionale”.

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Come riconoscere allora una relazione tossica o un amore malato?

“In genere lo si riconosce dal disequilibrio all’interno della coppia. L’uno tende a prevaricare l’altro. Gelosia morbosa, diretto controllo che esclude terze persone, manipolazione possono sfociare in atteggiamenti persecutori e atti violenti”.

Cosa fare allora in questi casi?

“Una donna che vive un amore malato tende spesso a negarne la gravità, tende a giustificare il partner, pensa di meritare addirittura ciò che le accade. Per cui bisogna che vengano poste alcune domande: sono felice di vivere questa relazione? Non chiudo perché temo di restare sola? Per paura di non avere più un sicuro sostentamento, magari economico? Temo la violenza? Ecco, bisogna partire da qui, dandosi una risposta perché si raggiunga una piena consapevolezza di cosa sta accadendo”.

Cosa fare una volta consapevoli?

“Innanzitutto, bisogna provare a estraniarsi dalla nostra vita, un po’ come se ci stessimo osservando dall’esterno. Questo non è facile, ma è fondamentale. È importante perché dall’interno ci si possa arrivare a domandare ‘Come mi sono ridotta? Io devo essere una donna libera e felice devo sentirmi al sicuro’. Bisogna condividere con le persone care ciò che accade, l’intenzione di voler chiudere il rapporto. Se è il caso, occorre contattare un professionista, uno psicologo o uno psicoterapeuta che possa aiutare nel processo di presa in carico del problema”.

Se chiudere potrebbe essere pericoloso per l’incolumità a casa di una possibile reazione violenta cosa si deve fare?

“Rivolgersi all’autorità di competenza”.