Lo Zar ha vinto, di nuovo, clamorosamente, inevitabilmente, ineluttabilmente. C’erano dubbi? No. L’opposizione fittizia è al 12%. Ma se si fosse presentato un Navalnyj libero magari arrivava al 20, non di più. È solo per il terrore, per lo stato di polizia? Forse no. Forse i russi vogliono uno Zar, ed uno Zar non è un presidente democratico, è un monarca assoluto, ed i monarchi veri, non i re occidentali che sono testimonial da gossip, sono fatti così. I Russi, soprattutto quelli dell’interno, vogliono qualcuno che scaldi le case e le pance, alle elucubrazioni filosofiche pensano loro, non la cultura occidentale.
Vladimir il Temibile, che è la traduzione esatta dell’appellativo con cui veniva chiamato lo Zar Ivan, già per loro non è Vlad, ti manda in carcere, ma non ti impala, ed è già qualcosa nel freddo della steppa russa. Putin ora può mettersi comodo a guardare lo scenario che gli sta scivolando addosso con le elezioni di novembre del suo dirimpettaio dello Stretto di Bering, gli Stati Uniti d’America. A novembre vince Biden? Lui riprenderà, dopo la famosa ritirata strategica, classica dei russi, l’avanzata in Ucraina, ha più uomini e munizioni e avanzerà, lentamente come il Don.
Vincerà Trump, la guerra in Ucraina finisce di colpo, con Zelensky fatto fuori dai suoi stessi uomini. E qui comincerà la inevitabile mossa a tenaglia tra Nord, Kaliningrad, e Sud, Trasnistria. La Polonia di Tusk verrà stretta tra due fuochi e la UE impazzirà come la maionese. Chi prima non pensa dopo sospira, diceva mia nonna. La UE, non ha un esercito, né un corpo diplomatico, la Germania con le sanzioni è andata in recessione, il Pil Russo cresce oltre il 3%. Il discrimine ovvio è Trump, il quale, al contrario di Biden e Putin, non è uno da economia di guerra, che invece sta finanziando Biden. E I’immutabile Vladimir lo sta aspettando, l’inverno sta finendo, e lui ha tutto il tempo del mondo. Siamo noi che non lo abbiamo.