L’attuale vicepresidente del Consiglio comunale di Catania, Riccardo Pellegrino, pagò per ottenere voti in occasione delle elezioni regionali 2017. È questo il verdetto di primo grado emesso dalla giudice della quarta sezione penale del tribunale etneo, Dora Anastasi, nell’ambito del processo Agon. Alla sbarra c’erano volti noti della politica provinciale e regionale, di oggi e di ieri: oltre a Pellegrino – la cui pena è stata quantificata in due anni, 250 euro di multa e soprattutto la sospensione dai pubblici uffici per cinque anni – a essere giudicati sono stati anche l’ex deputato e sindaco di Mascali Biagio Susinni e l’ex sindaco di Aci Catena Ascenzio Maesano. Susinni e Maesano sono stati assolti per non aver commesso il fatto.
Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI
L’inchiesta giudiziaria ha riguardato la campagna elettorale per il rinnovo dell’Assemblea regionale siciliana, l’ultima tornata in cui i seggi in palio sono stati novanta. Ad aspirare a uno di essi era anche Riccardo Pellegrino, già consigliere comunale a Catania e più volte tirato in ballo per i legami del fratello Gaetano con il clan mafioso Mazzei. Per questi motivi, la campagna elettorale di Pellegrino, nel 2017, si scontrò con l’etichetta di impresentabile. Per qualche settimana la stessa possibilità di trovare un posto nelle liste del centrodestra fu messa in discussione anche per via delle esternazioni dell’allora candidato alla presidenza e futuro governatore Nello Musumeci. Poi, però, ad accogliere nelle proprie fila Pellegrino fu Forza Italia, con il contributo di Gianfranco Miccichè e il bene stare da Arcore di Silvio Berlusconi. L’esperienza, tuttavia, non fu fortunata per Pellegrino, che rimase fuori da palazzo dei Normanni.
Su ciò che accadde nei mesi precedenti e nei giorni successivi al voto hanno acceso i riflettori qualche anno dopo i magistrati della procura di Catania. Pellegrino è stato accusato di avere comprato voti in diversi comuni della provincia etnea: da Aci Catena ad Acireale, da Riposto a Vizzini. Un’attività che l’attuale vicepresidente del Consiglio comunale di Catania avrebbe portato avanti con l’aiuto del padre Filippo – oggi condannato a sei mesi di reclusione – e di una serie di galoppini che sui singoli territori si sarebbero messi a disposizione del politico originario del quartiere San Cristoforo in cambio di denaro.
Al centro dell’inchiesta sono finiti anche i sostegni politici che Pellegrino ricevette da parte di Ascenzio Maesano e Biagio Susinni. Per gli inquirenti, i due avrebbero fatto parte del sistema che puntava a incrementare il sostegno nei confronti di Pellegrino sfruttando la disponibilità degli elettori a vendere il proprio voto. Nello specifico Maesano, una volta tramontata la possibilità di candidarsi in prima persona all’Ars a causa dell’arresto patito nel 2016 in un’inchiesta che ha portato alla condanna definitiva per corruzione, avrebbe deviato le proprie preferenze su Pellegrino. Una scommessa simile a quella fatta da Susinni, storico grande elettore con un passato da onorevole. La giudice, tuttavia, ha stabilito che né Maesano né Susinni si sarebbero mossi per motivi penalmente rilevanti.
L’indagine, inoltre, riguardò anche i presunti tentativi da parte di Pellegrino di ritornare in possesso delle somme stanziate per l’acquisto dei voti. Nei giorni successivi al verdetto delle urne, gli investigatori monitorarono gli spostamenti di Pellegrino, uno di questi in un parcheggio nei pressi dell’uscita autostradale di Acireale, sospettando che il giovane politico, convinto di non avere ricevuto il trattamento pattuito, avesse deciso di recuperare il denaro.
La sentenza pronunciata questo pomeriggio ha disposto le condanne con pena sospesa di Riccardo Pellegrino (due anni), Salvatore Gulisano (sei mesi e cento euro di multa), Gesualdo Briganti (sei mesi e cento euro di multa), Filippo Pellegrino (sei mesi e cento euro di multa), Salvatore Di Benedetto (sei mesi e cento euro di multa), Giuseppe Panebianco (sei mesi e cento euro di multa) e Ivan Andrea Guarrera (sei mesi e cento euro di multa). Oltre a Maesano e Susinni, la giudice ha assolto Antonino Castorina per non avere commesso il fatto.