Piano Tavola: un’autonomia molto “cara” - QdS

Piano Tavola: un’autonomia molto “cara”

Alessandro Petralia

Piano Tavola: un’autonomia molto “cara”

venerdì 01 Luglio 2011

Istituzioni. Quando la politica prevale sulle scelte amministrative.
Nuovo Comune. I residenti della frazione, carente di servizi e afferente a  quattro diverse amministrazioni comunali, hanno formato un comitato e ottenuto l’indizione del referendum.
Divisione territoriale. Per Belpasso lo scorporo proposto è penalizzante. Il vice sindaco Caputo: “In quella zona ci sono le maggiori realtà produttive e da lì ricaviamo l’81% dei nostri tributi”.

CATANIA – L’autonomia è bella, ma costa molto cara. Sui quotidiani generalisti l’argomento dell’autonomia di Piano Tavola, la piccola frazione che si trova in gran parte in territorio del Comune di Belpasso, ai piedi dell’Etna, è trattato quasi quotidianamente come un fatto di cronaca. Il problema però è molto profondo anche perché fa sorgere un interrogativo fondamentale: ha senso nel 2011, in tempi di “vacche magre” per la finanza pubblica e di tagli selvaggi dei trasferimenti alle autonomie locali, la creazione di un nuovo Comune? è proprio il caso che si debbano affrontare gli immensi costi legati a una nuova struttura amministrativa con decine e decine di dipendenti, a un nuovo Consiglio comunale, a una nuova Giunta e così via?
La problematica ha radici lontane, ed è emblematica di come certe vicende amministrative siano contaminate da giochi politici che poco hanno a che fare con la buona gestione della res pubblica.
La cronaca è semplice: il 27 maggio scorso l’assessore regionale per le Autonomie locali e la Funzione pubblica, Caterina Chinnici, emana un decreto con cui autorizza la consultazione referendaria per l’istituzione del nuovo Comune di Piano Tavola. Una vera e propria bomba, soprattutto per il Comune di Belpasso: lo stesso decreto infatti afferma che a votare saranno solo ed esclusivamente gli elettori interessati dallo scorporo del territorio, cioè solo i residenti di Piano Tavola, anziché l’intera popolazione dei quattro comuni interessati: cioè, oltre al già citato Belpasso, Camporotondo etneo, Motta S. Anastasia e Misterbianco.
La vicenda, come dicevamo, ha radici lontane: il comitato per l’autonomia di Piano Tavola si è costituito nel 1979 sulla base di alcune rivendicazioni di tipo politico-amministrativo. L’agglomerato di Piano Tavola sorge infatti, tra gli anni ‘50 e ‘60, lontano dai quattro centri abitati più vicini: una lontananza che presto si tramuta in carenza di servizi al cittadino e in difformità amministrativa dovuta al fatto che la stessa frazione ricade sui territori di quattro comuni diversi.
La prima brusca accelerazione in direzione dell’autonomia di Piano Tavola si ha però solo nel 1998 quando la Provincia, che però non ha competenza in materia, decide di accogliere “caldamente” le istanze degli abitanti di Piano Tavola incaricando un ingegnere, Maurizio Erbicella, di redigere un “Piano topografico” e un “Progetto economico-sociale” in vista della costituzione del nuovo Comune. Da non trascurare i dettagli politici: la Provincia era presieduta da Nello Museumeci, allora indiscusso leader locale di Alleanza nazionale, mentre sindaco del Comune di Belpasso era Saro Spina, alla guida di un’amministrazione di sinistra.
A questo punto Belpasso che, ironia della sorte, per la sua conformazione urbana è detta “scacchiera dell’Etna”, è essa stessa sotto scacco: gli autonomisti di Piano Tavola hanno il loro “Piano territoriale”. Un documento inaccettabile per Belpasso: “La suddivisione territoriale – afferma infatti il vice sindaco Caputo – è troppo penalizzante per noi, non solo perché sottrae a Belpasso oltre 24 chilometri quadrati di territorio e circa quattro mila abitanti, ma soprattutto perché sottrae le risorse economiche costruite in decenni di sviluppo. Il territorio rivendicato dagli autonomisti è quello con i maggiori insediamenti produttivi e il nostro Comune ricava da lì l’81% del proprio gettito fiscale. L’Asi, con i suoi circa 300 capannoni industriali, il centro commerciale Etnapolis, il parco di divertimenti Etnaland rientrano tutti nel territorio rivendicato: scorporarlo – conclude – equivarrebbe a mettere in ginocchio Belpasso”.
Dopo l’approntamento del Piano topografico nel 1998 si deve attendere l’ultimo biennio per un’ulteriore passo avanti nella vicenda: il 6 aprile 2010 il responsabile del procedimento presso l’assessorato delle Autonomie locali e della Funzione pubblica (dipartimento autonomie locali), Giovanni Cocco, presenta la propria relazione conclusiva sul procedimento relativo all’istituzione del Comune di Piano Tavola interpretando la Legge regionale 30/2000, che agli articoli 8, 9, 10 detta disposizioni in materia di variazioni territoriali dei Comuni. Cocco arrivava alla conclusione che non è possibile “escludere dalla consultazione gruppi di popolazione per i quali non possa ragionevolmente ritenersi insussistente un interesse rispetto alla variazione territoriale proposta”. Dunque va bene il referendum, purchè venga consultata l’intera popolazione dei Comuni interessati: la relazione veniva firmata dal dirigente generale, Luciana Giammanco.
Esattamente un anno dopo, l’11 aprile 2011, la stessa dirigente firmava però una relazione che interpretando la stessa importantissima legge arrivava alla conclusione opposta: e cioè che “l’interpello delle intere popolazioni dei comuni di origine rischierebbe di porre quantitativamente nel nulla sempre e comunque la volontà dei soggetti interessati all’istituzione di un nuovo comune”.
Dunque stessa questione, stessa legge, stesso dirigente, ma interpretazione totalmente opposta: cosa è cambiato? Anche qui la geografia politica può darci qualche suggerimento: in questo lasso di tempo infatti in Sicilia si è rotta definitivamente l’alleanza tra Mpa e Pdl e, guarda caso, la Regione viene governata dall’Mpa di Raffaele Lombardo, mentre Belpasso è amministrata dal sindaco Alfio Papale, leader locale proprio del Pdl. Non sappiamo se è questa la chiave di lettura, ma sappiamo che poco più di un mese dopo la seconda relazione arrivava il decreto assessoriale con l’indizione del referendum, contro cui l’amministrazione di Belpasso ha già annunciato di ricorrere in tutte le sedi legali.
 


Il referendum contestato ammette solo la popolazione della frazione e non tutta quella dei Comuni interessati
 
CATANIA – Sul referendum di Piano Tavola ci sono parecchi dubbi circa la sua costituzionalità e su questo aspetto – fanno sapere dal Comune di Belpasso – punteranno i legali dell’amministrazione pedemontana. Il decreto dell’assessore Chinnici fa riferimento, come già detto, alla Legge regionale n. 30/2000, la quale all’articolo 8 ha dettato norme in materia di “variazioni territoriali e di denominazione dei Comuni”: una norma mai applicata fino a oggi e per questo mai impugnata. Al centro della disputa c’è il concetto di “interesse qualificato” della popolazione e dunque di chi ha diritto al voto referendario. “Nelle ipotesi – recita il comma 4 del suddetto articolo – di istituzione di nuovi comuni o di aggregazioni di parte del territorio e di popolazione di uno o più comuni ad altro comune contermine, la consultazione referendaria non va riferita all’intera popolazione residente nei comuni interessati alla variazione qualora a questa non possa riconoscersi un interesse qualificato per intervenire nel procedimento di variazione che riguarda parte del territorio rispetto al quale essa non abbia alcun diretto collegamento e la variazione di territorio e popolazione, rispetto al totale, risulti di limitata entità”.
L’articolo 133 della Costituzione italiana stabilisce però che “la Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni”. Cosa stabilisce dunque l’interesse di una popolazione? Il decreto della Chinnici sembra adottare un’ottica restrittiva “tenendo – come si legge nel testo dello stesso decreto – specificatamente in conto, oltre la limitata entità di popolazione e territorio, tutte le motivazioni di carattere storico, sociologico culturale e religioso che hanno prodotto il convincimento dell’ufficio a concludere l’attività istruttoria”. E l’interesse economico? Dove è andato a finire? Non è esso altrettanto importante di quello storico, sociologico, culturale o religioso? Come già accennato nella zona oggetto dello scorporo risiedono le maggiori attività industriali, commerciali e turistiche del Comune di Belpasso, che quindi ritiene qualificato il proprio interesse a partecipare alla consultazione referendaria. Lo stesso Cga d’altronde, esprimendo il proprio parere (n. 948/10) sulla legge regionale 30/2010, aveva sospeso il proprio giudizio ritenendo “doveroso attendere il definitivo, e impregiudicato, formarsi degli orientamenti giurisprudenziali”.
La questione è dunque tutt’altro che pacificata, così come l’interrogativo sull’opportunità dell’istituzione di un nuovo Comune, la cui popolazione ammonterebbe a circa 6.900 abitanti: basta fare un paio di conti. Secondo il decreto del 9 dicembre 2008 del Ministero dell’Interno il rapporto medio dipendenti-popolazione per un Comune da 3 mila a 9 mila abitanti dovrebbe essere di un dipendente ogni 172 residenti. Avremmo quindi un Municipio con quaranta dipendenti: considerando un costo medio annuale per ogni dipendente di 35 mila euro (cifra al ribasso), il solo parco dipendenti comporterebbe un costo aggiuntivo per i cittadini siciliani di un milione e quattrocento mila euro.  A questi andrebbero aggiunti i costi di una sede municipale, di una nuova Giunta, di un nuovo Consiglio e di tutto ciò che comporta un’amministrazione comunale autonoma.
è dunque evidente che, almeno dal punto di vista economico, l’autonomia di Piano Tavola non sembra certo conveniente, così come è evidente che i residenti di quella frazione abbiano diritto a servizi decenti e uniformi. Nell’attesa che la querelle sulla validità del referendum si possa risolvere, sarebbe meglio pensare a soluzioni alternative, più confacenti ad una realtà fatta di finanze pubbliche sempre più povere.

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