“Agci (Associazione generale cooperative italiane), per data di nascita e per consistenza numerica, è la terza tra le associazioni di rappresentanza del mondo della cooperazione attive in Italia. Fino agli anni Quaranta tutte le imprese cooperative erano rappresentate da un’unica associazione, la Lega delle cooperative, attualmente presieduta da Giuliano Poletti. Il periodo della nascita della Repubblica fu caratterizzato da un intenso conflitto tra correnti ideologiche differenti, di cui risentì anche il mondo della cooperazione. Nel 1949 un gruppo di imprese cooperative di ispirazione cattolica decise di sganciarsi dalla Lega delle cooperative, dando vita a una nuova associazione, chiamata Confcooperative e attualmente presieduta da Luigi Marino. Analogamente nel 1952 un gruppo di società cooperative di ispirazione laico-repubblicana – localizzate soprattutto nel Lazio, in Toscana e in Emilia Romagna – diede vita ad Agci, prendendo le distanze dalle Lega che fino a quel momento le aveva rappresentate. La matrice ideologica della nostra associazione è stata molto chiara sin dalla designazione del primo presidente, Meuccio Ruini”.
“Le ragioni che tra gli anni Quaranta e Cinquanta causarono una scissione del movimento di rappresentanza delle cooperative sono adesso largamente superate. L’attuale organizzazione del Paese è meno legata a questioni di carattere ideologico e, di conseguenza, anche il mondo cooperativo ha intrapreso un percorso finalizzato al coordinamento e alla collaborazione degli organi di rappresentanza. Il 27 giugno 2011 Lega delle Cooperative, Agci e Confcooperative hanno siglato un patto di alleanza dando vita a un coordinamento stabile che si chiama, appunto, “Alleanza delle cooperative italiane”. Inevitabilmente, su alcuni temi, manteniamo ancora posizioni divergenti, legate alla nostra matrice ideologica originaria. Nel medio-lungo termine è possibile prevedere un processo graduale di scioglimento delle tre associazioni e di naturale convergenza in un’unica associazione, all’interno della quale le diverse posizioni non siano motivo di conflitto ma, al contrario, il pluralismo delle idee rappresenti un valore. Per fare giusto un esempio, Agci auspica una riforma del mercato del lavoro coerente con una visione liberale del rapporto tra capitale e lavoro. La Lega delle cooperative, sul tema del lavoro, è ideologicamente più vicina alla posizione di alcuni sindacati. La nascita dell’Alleanza è il primo passo verso la creazione di un movimento di rappresentanza che abbia una visione complessiva più omogenea e unitaria”.
“A distanza di un anno dalla nascita dell’alleanza, siamo passati da una governance che prevedeva la figura del portavoce, a una governance che prevede la presenza di un presidente (attualmente Luigi Marini) e due copresidenti (io e Giuliano Poletti). Questa prima novità è emersa, durante lo scorso mese di gennaio, in occasione delle giornate di lavoro organizzate a Napoli dall’alleanza. è stato inoltre istituito un ufficio di presidenza, composto dai presidenti delle tre associazioni, da tre rappresentanti delle associazioni e da tre responsabili esecutivi. A ognuno dei presidenti sono affidate specifiche deleghe. L’alleanza è dotata di un Comitato esecutivo, costituito dai tre presidenti e da 24 membri, ed è dotata di un’Assemblea di 90 componenti”.
L’azione socio-economica dell’alleanza, nei confronti delle istituzioni, è già stata avviata?
“I rapporti tra il mondo della cooperazione e le istituzioni sono ormai gestiti dall’alleanza in maniera unitaria. Ognuna delle tre associazioni possiede delle deleghe e quindi coordina delle tematiche di propria competenza. A livello territoriale, invece, la presenza dell’alleanza non è ancora stata istituzionalizzata: le organizzazioni territoriali risentono però del processo di coordinamento in atto”.
“Nel 2011 il fatturato (e quindi il valore complessivo della produzione del mondo della cooperazione), nonostante il rallentamento, è cresciuto. Da un incremento annuo di circa il 5% (negli anni in cui il Pil in Italia cresceva di circa 1,3%), siamo passati nel 2011 a una crescita del 2%. Si tratta di un dato significativo se si tiene conto della recessione in corso e del fatto che il Pil, nel 2011, è diminuito. Purtroppo, al momento, non sono in grado di fare previsioni per il 2012”.
“Ritengo che le imprese cooperative abbiano buone possibilità di resistere alla crisi perché caratterizzate da meccanismi difficilmente realizzabili nelle imprese di capitali. Nelle imprese in cui l’imprenditore tende al massimo ricavo, da un lato, e il lavoratore non prende atto delle difficoltà affrontate dall’azienda per la quale lavora, dall’altro, si genera un conflitto interno tale da rendere più difficile affrontare la recessione. L’impresa cooperativa, al contrario, si caratterizza per una maggiore solidarietà tra i soci in virtù della quale si tende, in periodo di recessione, a distribuire in maniera omogenea i ricavi secondo il principio per cui è bene lavorare meno, ma lavorare tutti”.
“Se consideriamo il valore della produzione, sicuramente in Emilia Romagna. La media nazionale dell’incidenza del valore della produzione delle imprese cooperative sulla produzione generale è di circa 8%. In Emilia Romagna tale incidenza è del 40%, quindi cinque volte più elevata rispetto alla media nazionale. Se teniamo conto della produzione, del numero dei soci e degli addetti delle società cooperative, l’Emilia Romagna è la regione in cui Agci è maggiormente rappresentativa. E credo che questo valga anche per le altre due organizzazioni di rappresentanza del mondo cooperativo. Se invece consideriamo il numero di società cooperative, le Regioni in cui la penetrazione è maggiore sono il Lazio, la Campania e la Sicilia”.
“Tra gli associati di Agci vi sono in Emilia Romagna alcuni grossi gruppi cooperativi, i cui soci sono piccole imprese cooperative. Tra queste c’è l’Acmar, società di costruzioni che fattura circa 500 milioni di euro l’anno. C’è l’Afe, gruppo cooperativo ortofrutticolo che fattura oltre 250 milioni di euro annui. C’è il Consorzio Ciro Menotti, che associa a sua volta ben 120 imprese cooperative. C’è Carnicoop, cooperativa che impiega 1600 lavoratori e che produce i prodotti Fileni, terzo marchio in Italia per la produzione di carni bianche. è chiaro che imprese di così vaste dimensioni incidono notevolmente sul valore della produzione dell’intera regione”.
“I soci sono più di 440 mila, i soci lavoratori sono più di 66 mila, i dipendenti non soci sono 25 mila. Il fatturato del 2011 si aggira intorno agli 8.000 milioni di euro”.
“I vari Governi che finora si sono succeduti non si sono preoccupati di capire quali fossero le esigenze del mondo della cooperazione e di utilizzare questa forma di impresa come strumento per contrastare la crisi. Il Governo dovrebbe agire nei confronti delle imprese cooperative senza preconcetti. La cooperativa non è un’impresa assistita che concorre slealmente sul mercato, ma un’impresa la cui funzione sociale è riconosciuta dall’art. 45 della Costituzione. Chiediamo quindi che l’impresa cooperativa venga agevolata.
Chiediamo inoltre l’abbattimento di tutti gli ostacoli alla crescita delle imprese italiane (a partire dallo snellimento della burocrazia). Chiediamo una seria politica di liberalizzazione. Chiediamo meccanismi in grado di rendere le imprese italiane più competitive sul mercato nazionale e internazionale. Chiediamo una politica rigorosa e severa, affinché i sacrifici vengano fatti soprattutto da chi detiene grossi capitali”.
“Le agevolazioni fiscali sono irrisorie rispetto ai limiti che la forma cooperativa presenta rispetto ad altre forme di impresa. Gli utili delle cooperative non vengono divisi tra i soci, ma utilizzati all’interno dell’impresa. Se la cooperativa viene sciolta, il patrimonio accumulato non va nelle tasche degli imprenditori, ma viene devoluto ai fondi mutualistici. La tassazione degli utili non è di gran lunga inferiore a quella delle imprese di capitali. Ogni volta che si chiude il bilancio, il 3% degli utili va ai fondi mutualistici. Le imprese cooperative vengono periodicamente sottoposte ai controlli del ministero dello Sviluppo economico affinché venga verificato il rispetto dei requisiti di mutualità previsti dalla legge”.