PALERMO – L’antropizzazione selvaggia si sposa con il rischio naturale siciliano. Il connubio è letale, perché i mali connaturati alla fragilità del territorio isolano (rischio sismico e idraulico su tutti) vengono alimentati ed amplificati da una gestione del territorio che non conosce i termini prevenzione e cura.
Così accade che le cave, le miniere, il cemento selvaggio, i pozzi petroliferi e di acqua, contribuiscano in maniera determinante a cancellare quel poco di Sicilia che è ancora rimasto. Il resto lo compiono gli strumenti legislativi completamente carenti che dovrebbero invece servire a gestire e pianificare il territorio e non ad attendere tragedie per agire in una fase successiva. Lo stesso avviene anche per il risanamento ambientale, che è un passaggio ancora lontano dall’essere recepito. (continua)
Così accade che le cave, le miniere, il cemento selvaggio, i pozzi petroliferi e di acqua, contribuiscano in maniera determinante a cancellare quel poco di Sicilia che è ancora rimasto. Il resto lo compiono gli strumenti legislativi completamente carenti che dovrebbero invece servire a gestire e pianificare il territorio e non ad attendere tragedie per agire in una fase successiva. Lo stesso avviene anche per il risanamento ambientale, che è un passaggio ancora lontano dall’essere recepito. (continua)
