In Sicilia sono a rischio strutture sanitarie, scuole, viadotti, parrocchie e palazzi di giustizia. L’ospedale, sotto sequestro, di Agrigento è soltanto la punta d’iceberg
PALERMO – Il sequestro dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento, costato 50 milioni di euro e inaugurato appena cinque anni fa, ha riaperto la ferita mai cicatrizzata dello stato di salute delle costruzioni siciliane. Le motivazioni dell’operazione, condotta dalla Guardia di Finanza su provvedimento della Procura di Agrigento, fanno riferimento al tanto celebre quanto tragico cemento depotenziato, cioè costituito da un’alta percentuale di sabbia o, in alcuni casi, allungato con l’acqua. Purtroppo non è l’unico caso di edilizia soft in Sicilia, visto che diverse strutture dell’isola che rientrano nel ciclo della gestione mafiosa del cemento lasciano tanti dubbi di affidabilità.
L’intera questione è stata puntualmente analizzata anche da un recente rapporto di Legambiente, presentato lo scorso 29 luglio a Roma, che ha fatto le pulci allo stato delle costruzioni della penisola. I casi dove la magistratura sta lavorando sono diversi e abbracciano opere di importanza strategica per l’isola. “Ad oggi le opere pubbliche nell’isola – si legge nel dossier Cemento Disarmato di Legambiente – finite sotto inchiesta della Magistratura per cemento truccato sono tante: il viadotto Castelbuono e la Galleria Cozzo-Minneria dell’autostrada Messina – Palermo, la superstrada Licata-Torrente Brami, il Porto Isola-Diga Foranea, e il Palazzo di Giustizia di Gela, il nuovo padiglione dell’ospedale di Caltanissetta e il nuovo ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento”.
Il cemento depotenziato è un vero affare e coinvolge l’intera isola, basti pensare agli affari della Messina Calcestruzzi srl, sequestrata dagli inquirenti ai fratelli Pellegrino, nomi importanti della malavita siciliana, e che avevano accresciuto il loro giro d’affari del mille per cento in un solo anno o ancora al caso, riportato da Legambiente, dell’operazione Benny, il cui principale indagato, Benny Valenza, si era espanso, nonostante gli fosse stato già sequestrato il patrimonio industriale, fino a gestire il traffico del cemento a Trapani e nella parte occidentale di Palermo. L’operazione ha portato al sequestro dei cantieri dove si stava lavorando col cemento “truccato”: gli aeroporti di Palermo e Trapani, il porto turistico di Balestrate, il lungomare di Mazara del Vallo, trenta capannoni dell’area industriale di Partinico e il Commissariato di Polizia di Castelvetrano nel Trapanese.
A questa serie di opere a rischio se ne aggiungono altre che sono state al vaglio del test antisismico della Protezione civile regionale e che un’inchiesta del Quotidiano di Sicilia dello scorso aprile aveva elencato. Le non ammesse dopo il test di controllo antisismico erano state 41 su 46 strutture strategiche. Questo vuol dire che in caso di evento sismico la Sicilia non è affatto preparata, e ricordiamo che gode di un fattore rischio sismico molto elevato che nella maggior parte del comuni arriva a 2 ed in alcuni casi anche ad 1, cioè il limite più alto.
Tra le opere a rischio segnalate dalla Protezione Civile diversi ospedali come il padiglione B dell’ospedale Cervello di Palermo, Ospedale civile di Partinico (Pa), il padiglione 6 dell’Ospedale Piemonte di Messina, la Scuola media Roncalli e la Scuola elementare Falcone-Borsellino di Piazza Armerina (En), la Parrocchia Sant’Agata del villaggio Sant’Agata a Messina.