“Oggi non esiste più l’anagrafe dei disoccupati, c’è la disponibilità. I numeri degli occupati, cosiddetti normodotati, non li abbiamo perché le aziende pubbliche e private quando procedono all’assunzione devono, entro un termini di cinque giorni, inviare la comunicazione al Ministero”.
“La modifica del collocamento obbligatorio online è partita dall’11 marzo del 2008, ma molto tempo prima c’è stata la riforma del mercato del lavoro. In base alla liberalizzazione voluta dal Governo e dal Parlamento del tempo, tutti i soggetti, soprattutto privati, possono ormai assumere direttamente a prescindere da una graduatoria. Il cittadino che non ha lavoro, se vuole, può venire presso i centri per l’impiego e chiedere la disponibilità al lavoro, che serve soprattutto per avere i benefici della legge 407/90. In base a tale norma se il cittadino è disoccupato e iscritto alle liste di collocamento da due anni oppure ha un reddito da lavoratore dipendente che non supera gli 8 mila euro lordi l’anno, noi possiamo lasciargli un attestato con il quale l’impresa che lo assume ha delle agevolazioni fiscali. Quindi il ruolo fondamentale dei nostri uffici non è più quello di tenere un’anagrafe, ma di essere il luogo dove istituzionalmente avviene l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Purtroppo questo è un discorso solo teorico: molto raramente le aziende si rivolgono a noi. In genere il cittadino deve andare da solo a cercarsi il posto di lavoro. Solo allora viene da noi per ricevere la disponibilità o il certificato della 407”.
E per quanto riguarda il collocamento obbligatorio?
“In questo caso noi abbiamo una graduatoria, non un elenco, al quale si può accedere attraverso determinati requisiti: invalidità superiore al 46%, il calcolo familiare, l’età e altri fattori. Da noi si iscrivono una buona parte delle aziende che risultano avere scoperture (in base alla legge ogni 16 dipendenti bisogna avere un invalido) e che operano sia nel pubblico che nel privato. La differenza è che il pubblico può fare solo una richiesta numerica, mentre il privato può anche fare la richiesta nominativa. Va precisato, però, che più del 50% delle aziende hanno chiesto e ottenuto dall’ufficio provinciale del lavoro, a firma del direttore, il decreto di esonero provvisorio, cioè di sospensione dall’obbligo di assunzione. A causa della crisi, tante aziende hanno dovuto fare ricorso alle procedure di mobilità e alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria: quando un’azienda comunica di aver avviato una procedura per la cassa integrazione, fa la richiesta di sospensione e ottiene l’accoglimento. Per quanto riguarda i dati, nel 2011, 27 aziende hanno avuto il decreto di sospensione e si tratta di un dato in crescita, in quanto nei soli primi 6 mesi del 2012 già sono 21 le aziende che hanno effettuato tale richiesta”.
“Dal novembre 2010 il nuovo collegato lavoro ha abolito il tentativo di conciliazione obbligatorio. Quando il tentativo di conciliazione era obbligatorio l’ufficio del lavoro aveva una funzione notarile super partes: verbalizzava l’accordo tra le organizzazioni sindacali e i datori di lavoro. Oggi che il tentativo di conciliazione è facoltativo, l’ufficio del lavoro ha un ruolo importante perché deve non solo caldeggiare, ma proporre un accordo. Quest’ultimo deve essere verbalizzato e il giudice del lavo richiede anche che sia indicato il motivo per il quale le due parti non hanno accettato”.
“Noi abbiamo fatto diversi tentativi, incontrando le organizzazioni datoriali. Ci siamo seduti attorno a un tavolo con Confindustria, Confapi e gli operatori di Italia Lavoro con i quali collaboriamo. Il problema fondamentale è il Durc (Documento unico di regolarità contributiva: è un certificato unico che attesta la regolarità di un’impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, ndr) perché per avere l’agevolazione fiscale o un contributo è necessario produrre tale documento. Per l’assunzione di lavoratori in apprendistato la Regione Sicilia ha ricevuto dal fondo sociale europeo uno stanziamento di 78 milioni di euro, non utilizzati”.
“Io penso che le misure potrebbero essere due. Da una parte si dovrebbe convincere le aziende nel collocamento ordinario, come in quello obbligatorio, a comunicare e pubblicizzare la disponibilità di posti che hanno. E purtroppo non c’è una norma che lo prevede. Dall’altra parte bisognerebbe sciogliere il rapporto di dare e avere tra le imprese e lo Stato. Se le aziende riuscissero ad avere un po’ d’ossigeno, aumenterebbe la base occupazionale. Solo così possiamo dare una risposta concreta alla crisi”.