Alzheimer, demenza e buchi di memoria - QdS

Alzheimer, demenza e buchi di memoria

Angela Michela Rabiolo

Alzheimer, demenza e buchi di memoria

domenica 23 Settembre 2012

Si è celebrata ieri la Giornata Mondiale in occasione della quale è stato presentato il nuovo Rapporto 2012. In Sicilia sono circa 33mila gli affetti da questa malattia ma il problema resta la diagnosi tardiva

PALERMO – Inizia con un nome dimenticato anche se è quello della nipote con cui passi più tempo. E poi peggiora fino a non ricordarsi più che cosa sia e a cosa serva il cucchiaio. Se ne può sorridere sul momento cercando di sdrammatizzare ma i buchi della memoria diventano come buchi neri che inghiottono l’affetto. Perché l’uomo fa essere le cose nominandole e se d’un tratto si perde il nome è come se quella cosa non esistesse più e non fosse mai esistita.
Per un periodo i familiari pensano sia la solita demenza senile e si armano di pazienza per non sbottare di fronte all’ennesima domanda o all’ennesimo racconto del solito episodio accaduto più di 50 anni prima. Così inizia a svolgersi il dramma di tante famiglie che vedono i propri cari scivolare nell’Alzheimer.
Ieri è stata la Giornata Mondiale Alzheimer e contestualmente è stato presentato il Rapporto 2012. Da quest’ultimo emerge che lo stigma e l’esclusione sociale sono i principali ostacoli per le persone con demenza e coloro che le assistono. Lo denunciano il 75 per cento dei malati e il 64 per cento dei familiari. Il 40 per cento dei malati riferiscono di essere evitati o trattati in modo diverso. Il Rapporto inoltre fornisce 10 raccomandazioni per i governi e le società.
Secondo il precedente rapporto del 2011, in Italia circa un milione di persone è affetto da demenza mentre sarebbero 36 milioni i malati in tutto il mondo. Si stima che nel 2020 la cifra possa arrivare a 48 milioni per poi raggiungere, nei successivi vent’anni, una cifra superiore agli 81 milioni.
“La persona con demenza porta addosso una ‘etichetta’, un foglietto illustrativo bianco, senza parole: lo stigma. L’uomo con la sua individualità, la sua storia e i suoi sentimenti non esiste più. Lo abbiamo letto su questo nuovo Rapporto ed è vero in tutto il mondo” commenta Gabriella Salvini Porro, presidente Federazione Alzheimer Italia. “Lo stigma non solo isola il malato e i suoi familiari lasciandoli completamente soli, ma non permette loro di usufruire dei mezzi che oggi abbiamo a disposizione per migliorarne la qualità di vita. Noi tutti dobbiamo combattere la disinformazione e cercare di comprendere e far comprendere che il malato è una persona esattamente come noi, con la sua dignità, e questa dignità oltre a dover essere rispettata, va tutelata”.
Il Rapporto si basa su un sondaggio di 2.500 persone (malati e familiari) in oltre 50 Paesi. Poco più del 50 per cento degli intervistati con demenza aveva la malattia di Alzheimer e poco meno della metà aveva meno di 65 anni. I principali obiettivi sono stati di registrare lo stigma vissuto dalle persone con demenza e dai loro familiari e di capire se i piani nazionali sulla demenza hanno contribuito a ridurre lo stigma.
Il 24 per cento delle persone con demenza e più di uno su dieci familiari (11 per cento) ammettono di nascondere la diagnosi di demenza; chi ha meno di 65 anni teme di dover affrontare problemi sul posto di lavoro o con la scuola dei figli. Il 40 per cento delle persone con demenza dichiara di non essere coinvolto nella normale vita quotidiana e quasi il 60 per cento di loro indica di essere evitato dagli amici e anche dagli stessi familiari. Un quarto (24 per cento) dei familiari percepisce sensazioni negative nei propri confronti, mentre il 28 per cento ritiene di essere trattato in modo diverso o addirittura evitato. Inoltre, sia i malati sia i familiari ammettono di aver rinunciato a stringere relazioni sociali a causa delle difficoltà incontrate. Tutti sono d’accordo nell’identificare istruzione, informazione e sensibilizzazione come priorità per ridurre lo stigma legato alla demenza.
Le 10 raccomandazioni ai governi e alle società per superare lo stigma sottolineano la necessità di una migliore educazione dell’opinione pubblica. Un altro punto chiave è quello di incoraggiare le persone con demenza a condividere le proprie esperienze e garantire che esse partecipino alle attività quotidiane.
Nicole Batsch, autrice del Rapporto, commenta: “Lo stigma resta un ostacolo per tutte le iniziative relative alla demenza, quali migliorare l’assistenza e il sostegno alle persone con demenza e ai loro familiari e i finanziamenti alla ricerca. Il Rapporto rivela che i malati e i familiari che se ne prendono cura si sentono emarginati dalla società, a volte anche dai loro stessi amici e dagli altri familiari. Ciò che vogliono è essere trattati come persone normali guardando alle loro abilità residue e non alle loro incapacità. Portare alla luce questi problemi contribuirà a migliorare la qualità della vita delle persone affette da demenza e di chi le assiste”.
Dal Rapporto si evince che la strada per il trattamento e l’accettazione sociale dell’Alzheimer è ancora lunga e che anche le istituzioni devono migliorare concentrandosi su nuovi modi di assistere i malati e i loro familiari. In Sicilia, per esempio, le Unità di Valutazione Alzheimer sono ancora poche rispetto ad altre regioni (secondo l’Aime la metà, circa 46, rispetto alle 80 unità della Lombardia). Gabriella Salvini Porro aggiunge che nella nostra Isola “è stata stimata la presenza di circa 55mila persone affette da demenza. Di queste, almeno 33mila hanno l’Alzheimer. Il problema principale è rappresentato dalla diagnosi tardiva della malattia; molto spesso la si confonde con la depressione. Il ritardo nella diagnosi impedisce un intervento tempestivo, e quindi la possibilità di rallentare il decorso della malattia, e incide sui costi dell’assistenza”.
Bisogna fare i conti con l’invecchiamento della popolazione e la crescita di malattie collegate alla vecchiaia; è inutile far finta che il problema non esista condannando in questo modo molte famiglie e persone alla dittatura dei post it e a uno stato di perenne incertezza. Persino sul proprio nome.

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