Quasi 3 milioni di euro per le piste ciclabili. Peccato che siano un campo minato - QdS

Quasi 3 milioni di euro per le piste ciclabili. Peccato che siano un campo minato

Gaspare Ingargiola

Quasi 3 milioni di euro per le piste ciclabili. Peccato che siano un campo minato

martedì 02 Ottobre 2012

Controsensi: il giudice di pace ha annullato una multa per “sosta vietata sui passaggi per ciclisti”

PALERMO – “La pista ciclabile è quella parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi”. Così parlò il “regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”, tratto dal decreto ministeriale 557 del 30/10/99 e inserito nel Codice della strada. Tredici anni dopo quel regolamento, le ciclopiste palermitane costringono ogni giorno gli amanti della pedalata a spericolate chicane degne di un Gp di Formula 1: pali della luce, rifiuti ingombranti, cartelloni pubblicitari, alberi, aiuole, banchetti di venditori ambulanti (spesso abusivi), perfino pompe di benzina mettono a rischio l’incolumità di chi sceglie un’alternativa all’auto. Paradossale, in certi punti, la presenza di cordoli e dissuasori che dovrebbero scoraggiare la sosta dei veicoli ma al tempo stesso impediscono l’accesso. La pista ciclabile che diventa isola pedonale.
Alla luce di tutto questo, è pacifico affermare che di quelle “caratteristiche tecniche” a Palermo non si veda neanche l’ombra. È stata forse rispettata la larghezza minima della corsia ciclabile che, “comprese le strisce di margine, è pari a 1,50 m” (art. 7 comma 1)? Forse si vede traccia delle “specifiche limitazioni di velocità, per singoli tronchi di piste ciclabili” che dovrebbero essere adottate nei casi in cui “le caratteristiche del tracciato possono indurre situazioni di pericolo per i ciclisti” (art. 8 comma 7)? La segnaletica stradale presenta forse i “tradizionali cartelli (segnaletica verticale), le strisce (segnaletica orizzontale), gli impianti semaforici, le indicazioni degli attraversamenti ciclabili, le colonnine luminose alle testate degli elementi spartitraffico fisicamente invalicabili, i delineatori di corsia” (art. 4 comma 3b)? E le piste ciclabili sono forse “provviste di appositi simboli e scritte orizzontali che ne distinguano l’uso specialistico, anche se la pavimentazione delle stesse è contraddistinta nel colore da quella delle contigue parti di sede stradale destinate ai veicoli a motore e ai pedoni” (art. 10 comma 2)?
A queste domande risponde sempre lo stesso cantilenante no. Eppure per queste infrastrutture sono state investite grosse somme. Grazie ai fondi europei del Por 2000-2006, il decreto regionale 721 del 4/10/06 assegnava 1.696.319 mln di euro per l’itinerario da via Ammiraglio Rizzo a Piazzale Giotto e 1.136.954 mln di euro per il percorso costiero da via Messina Marine a Mondello. I progetti delle due piste venivano recepiti dalla giunta Cammarata con la delibera 401 del 14/9/05.
Ultimati i lavori tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, la schizofrenia burocratica volle che soltanto tre anni dopo, con l’ordinanza dirigenziale comunale 898 del 31/8/11, queste infrastrutture venissero ufficialmente riconosciute e attivate ‘piste ciclabili’. Fino ad allora, i vigili non potevano sollevare alcuna multa agli autisti che ne occupavano la sede con i loro mezzi.
A dare contorni kafkiani alla vicenda ci si è messa una sentenza del Giudice di pace di Palermo, pubblicata lo scorso 12 marzo, che potrebbe rendere le piste ciclabili palermitane addirittura “illegittime”.
Il giudice di pace Elisa Manganaro, infatti, ha accolto il ricorso di un’automobilista annullandone la multa per “sosta vietata sui passaggi per ciclisti, nonché sulle piste ciclabili e agli sbocchi delle medesime”, come recita il CdS. Il motivo è semplice: secondo la sentenza, “in mancanza del Piano Urbano del Traffico le piste ciclabili sono illegittime e illegittima è la multa”. Al momento nel capoluogo siciliano esiste (da aprile) soltanto un Put per il centro storico e in esso “l’istituzione delle piste ciclabili non è prevista”. A questo proposito il decreto ministeriale 557 parla chiaro: “per i Comuni che sono tenuti alla predisposizione del Put, ai sensi dell’articolo 36 del Dl 285 del 30/4/92, il piano della rete ciclabile deve essere inserito in maniera organica, quale piano di settore, all’interno del Put”. E il Comune di Palermo non ha mai provveduto.

Neanche il ponte può colmare la distanza Sicilia-Germania

PALERMO – E pensare che in Germania l’azienda dei trasporti urbani della Ruhr sta mettendo a punto il progetto per la Radler B-1, un’autostrada per ciclisti che unirà Dortmund a Duisburg. Larga 5 metri, lunga 60 km, l’autostrada ciclabile affiancherà quella tradizionale dedicata al traffico su gomma. Sarà asfaltata, in pianura e priva di incroci.
Si poteva fare anche in Sicilia, non fosse stato per la mancata applicazione del “Piano della mobilità non motorizzata in Sicilia” per la mobilità alternativa, presentato dall’assessore ai Trasporti della prima giunta Cuffaro, Fabio Granata, e pubblicato sulla Gurs n. 28 del 1° luglio 2005.
Un piano che prevedeva il recupero delle linee ferroviarie dismesse per la realizzazione di una rete di greenways per gli amanti del tradizionale mezzo a due ruote. Nella sola provincia di Palermo ne erano previsti oltre trecentoquarantadue km, distribuiti su quindici “ciclopiste”. Auspici che rimasero, però, soltanto sulla carta: l’unico tentativo di una greenway palermitana, un progetto da 1.756.071 mln di euro previsto nella delibera Cammarata n. 401, non venne approvato in sede regionale.
Non basterà, dunque, un ponte, qualora venga mai realizzato, ad accorciare le distanze siderali che esistono tra Berlino e Palermo.

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