Per assolvere a tali condizioni è necessaria una spesa di circa tre miliardi e non di quattrocento milioni come aveva stabilito la proprietà in precedenza. I commissari giudiziali hanno il compito di seguire ambedue i provvedimenti per raggiungere l’obiettivo di bonificare l’enorme territorio e salvare gli oltre diecimila posti di lavoro.
Gli azionisti dell’Ilva Spa in tutti questi anni, da quando hanno comprato lo stabilimento dall’Italsider, hanno ottenuto profitti, in parte distribuiti ai soci, in parte portati a riserva. Ciò è accaduto perché non sono state effettuate le operazioni indispensabili ad eliminare gli inquinanti conseguenti alla produzione.
Bisogna rilevare che i vecchi ministri dell’Ambiente hanno fatto come le tre scimmiette e solo l’iniziativa coraggiosa ed impopolare della magistratura tarantina ha messo un punto fermo sulla catastrofica situazione ambientale di Taranto e dintorni, ove per lunghi anni si è mangiato pane e veleno.
La strada per risolvere il problema è tracciata, a condizione che la famiglia Riva si oneri dell’esborso delle risorse finanziarie necessarie. Ma ancora non si sa come andrà questa vicenda, sia sul piano della bonifica ambientale che su quello occupazionale.
Certo, è triste dovere constatare che le Istituzioni non effettuino una delle loro principali funzioni: il controllo sistematico affinché imprese, enti e cittadini rispettino le leggi. E che non ammodernino tali leggi, seplificando le procedure, in modo da evitare che una burocrazia corrotta le sfrutti per vessare i cittadini.
Il metodo attuale di legiferare è arcaico. Per rendere esecutive le diciassette leggi approvate con trentaquattro voti di fiducia dall’attuale maggioranza, occorrono ben trecentottanta provvedimenti. Si capisce bene che per deliberarli e renderli operativi forse un anno non basterà.
I testi legislativi sono redatti dai burocrati, i quali non hanno l’obiettivo di renderli facilmente fruibili dai cittadini, ma di accontentare lobbies e categorie. Poi le bozze passano alle Commissioni parlamentari e da lì alle aule. Anche in questo caso i parlamentari, tra cui tanti corrotti, tentano di indirizzare gli altri verso interessi particolari e non generali. Questo accade perché i bravi e onesti parlamentari, che pure ci sono, non riescono spesso a imporre una linea di politica etica.
Tornando all’Ilva, dobbiamo rilevare che lo stabilimento di Genova è stato interamente bonificato, anche perché colà la produzione è a freddo e non a caldo. Quindi non vi sono residui tossici per l’ambiente.
I due stabilimenti, Taranto e Genova, sono in sequenza produttiva: a Taranto si produce la materia prima, a Genova i prodotti finiti.
Taranto e Genova sono le due facce del nostro Paese. La proprietà dell’Ilva ha deciso lo stop dell’inquinamento a Genova e la prosecuzione a Taranto, con ciò classificando i cittadini meridionali come figli del dio minore.
A suo tempo (2005) la decisione poteva essere invertita: lasciare la produzione a caldo a Genova ed attivare quella a freddo a Taranto. Ma in Liguria non avrebbero consentito questa linea, mentre l’hanno approvato i responsabili politici della Puglia.
Quando l’Ilva afferma che chiudendo Taranto chiuderebbe anche Genova conferma un’ovvietà, perché i due stabilimenti sono in sequenza produttiva ed uno non può fare a meno dell’altro. Ecco perché pensiamo che, anche riluttanti, i Riva metteranno mano al portafoglio e, con l’assistenza delle banche, procederanno nel solco tracciato dall’Aia e dai magistrati tarantini .
Alla fine il buon senso prevarrà, perché in qualunque circostanza, anche grave come questa, la soluzione non può che essere seria, equa e funzionale.