Il Comitato a sostegno del sindaco di Firenze presenta un esposto al Garante
ROMA. È finita a colpi di carte bollate la guerriglia tra Matteo Renzi e Pierluigi Bersani. E così le primarie che nelle intenzioni dei protagonisti dovevano essere un momento di aggregazione e di rilancio per il Pd, sulla rotta della democrazie americana, si sono trasformate in un ennesimo autogol per la sinistra italiana. La ragione del contendere risiede nell’art. 3 del Regolamento per le primarie del 2012, laddove viene stabilito che “Per esercitare il diritto di voto il/la cittadino/a deve sottoscrivere il pubblico Appello di sostegno alla Coalizione di centro sinistra “Italia Bene Comune” e quindi iscriversi all’Albo delle elettrici e degli elettori –ma specifica il documento –nelle sedi stabilite dal coordinamento provinciale. Insomma per votare alle consultazioni democratiche bisognerà recarsi in un luogo diverso dal seggio elettorale, il che si traduce in ulteriore spostamento per gli elettori.
A Matteo Renzi e al suo Comitato le regole, naturalmente, non sono andate giù. E così hanno presentato una segnalazione urgente all’Autorità garante per la protezione dei dati personali, invocando la violazione delle leggi a tutela della privacy. Secondo il Comitato a sostegno del sindaco di Firenze le modifiche del regolamento si traducono in una violazione delle normative vigenti in quanto chiedono come condizione vincolante per la partecipazione il consenso alla diffusione o pubblicazione di un dato personale certamente sensibile, perché legato alla messa in atto di comportamenti che implicano la manifestazione di opinioni politiche o consistono essi stessi in manifestazione di opinioni politiche”.
Sempre secondo il comitato, il regolamento vede il “rischio grave” e “davvero attuale” che “tanto la sottoscrizione dell’Appello pubblico quanto l’accettazione dell’inserimento del proprio nome nell’Albo delle elettrici e degli elettori da parte dei partecipanti, siano finalizzati anche alla pubblicazione”.
Per i sostenitori di Renzi, in particolare, il nuovo regolamento violerebbe l’articolo 2 della legge sulla privacy, ma anche l’articolo 48 della Costituzione perché il regolamento è “costruito in modo tale da essere interpretato e applicato in maniera da obbligare l’elettore a concedere i consensi richiesti a pena di non poter esercitare il diritto di voto”. Per il comitato verrebbe anche violato l’articolo 3 del Codice sulla Privacy che stabilisce il principio di “necessità e proporzionalità” ed è “eccedente” rispetto “alla finalità” delle primarie”.
Infine, secondo i renziani, il regolamento delle primarie violerebbe anche l’articolo 23 della legge sulla Privacy in ordine al consenso che, tra l’altro, si legge nell’esposto, “non sarebbe espresso in modo del tutto libero e sarebbe riferita ad una attività (il pubblico appello) del tutto generica”.
L’esposto si conclude con una richiesta esplicita al Garante affinché possa intervenire in tempi brevi per “evitare alla coalizione di porre in atto, anche inconsapevolmente, comportamenti illegittimi; ai cittadini partecipanti alle primarie di subire un gravissimo danno; alla democrazia italiana di vivere una vicenda che invece di rafforzarla, come certamente è nelle intenzioni dei promotori delle primarie, la indebolisca ancora di più, minando ulteriormente, per le modalità di svolgimento, la fiducia democratica di tutti i cittadini (allontanandoli dalla partecipazione alla vita politica)”.
Adesso la patata bollente passa ad Antonello Soro, deputato del Pd – già capogruppo a Montecitorio e franceschiniano di lungo corso – eletto non senza polemiche alla presidenza della Privacy il quale ha già fatto sapere che si pronuncerà il più presto possibile. Nell’attesa, il rischio che alla fine le Primarie si rivelino un boomerang per l’intera coalizione è più di una semplice ipotesi.