Se non dovessero arrivare garanzie sulla Cassa integrazione inizierà uno “sciopero bianco degli uffici”. Domani il Comitato spontaneo dei dipendenti incontro il liquidatore Verona
CATANIA – L’autorizzazione del Tribunale di Catania al concordato preventivo in bianco per la salvaguardia del Gruppo Aligrup, se certamente semplifica il quadro complessivo, lascia una serie di nodi irrisolti. Uno su tutti, quello legato ai circa 1.000 lavoratori rimasti fuori da ogni trattativa. Una situazione ritenuta inaccettabile che smorza in modo brutale gli entusiasmi che fino a ieri l’altro erano timidamente trapelati. E adesso i dipendenti sono pronti a un nuovo sciopero “bianco”, così come definito da Michele Russo, coordinatore del Comitato spontaneo del personale Aligrup.
“Il via libera del Tribunale al concordato preventivo – ha detto – non offre alcuna garanzia circa il mantenimento dei livelli occupazionali. La soluzione dello spezzatino, che in teoria potrebbe salvare circa 700 lavoratori, in realtà non dà sicurezza a nessuno”.
“Abbiamo chiesto per oggi – ha continuato – un incontro con il liquidatore della società, Maurizio Verona, al quale chiederemo spiegazioni sulla ventilata ipotesi di cassa integrazione. Vogliamo capire esattamente quando partirà e con quali modalità”.
Il coordinatore del Comitato si riferisce alla possibilità, illustrata da Pietro La Torre, segretario di Uiltucs Sicilia, che aveva fatto riferimento, per i lavoratori rimasti fuori da ogni operazione di vendita, “all’utilizzo di ammortizzatori sociali e segnatamente la cassa integrazione guadagni in attesa che si possano presentare altre opportunità di collocazione sul mercato degli stessi”.
Ma con i se e con i forse i dipendenti non vogliono più avere a che fare: “Qualora le risposte del liquidatore non saranno soddisfacenti – ha affermato Russo – già da mezzogiorno potremmo iniziare la nostra protesta bianca negli uffici, bloccando ogni attività”.
Insomma, la tanto attesa decisione dei giudici della Sezione fallimentare etnea non ha placato gli animi. Anzi. Ma d’altro canto, dopo mesi di trattative, l’unica cosa concreta sono soltanto le lettere di intenti di alcuni gruppi locali: Conad Sicilia, Abate, Arena, Ergon, Romano, Re Leone e una cordata ancora non bene identificata. Una soluzione che se da una parte potrebbe salvare molte famiglie dal lastrico, al tempo stesso ne condanna altre. Un dramma dentro la tragedia.
“La cosa che fa veramente riflettere – ha ripreso Russo – è che in questo momento rimane fuori la fetta più ampia della torta, cioè mille e cento lavoratori esclusi da ogni gioco. Lo spezzatino al quale andiamo incontro non lascia praticamente alcuna speranza agli amministrativi, ai dipendenti del deposito e ai jolly: l’unica alternativa per questi lavoratori è la cassa integrazione. Gli uffici non potranno mai entrare nelle trattative perché queste piccole aziende che stanno rilevando i punti vendita non hanno bisogno né di deposito, né di uffici in quanto si tratta di attività locali”.
La protesta non si ferma e adesso, lascia intendere Russo, potrebbe arrivare persino nella Capitale perché “questa non è una piccola bottega, ma una grossa attività commerciale. Il ministro allo Sviluppo economico deve capire l’importanza di una possibile acquisizione dell’azienda da qualche grande gruppo nazionale, così da poter assicurare continuità a una grande realtà dell’Isola”.
Perché, in fondo, quella della vendita in blocco era la soluzione ideale. Un sogno al quale i dipendenti Aligrup, probabilmente, vogliono ancora credere.