Ancora “infuocato” il dibattito fra le confederazioni sindacali sulla questione salariale. Bernava: “Il costo del lavoro non può essere visto come elemento incentivante”
PALERMO -La Uil come la Lega Nord propongono contratti differenziati, cioè retribuzioni sotto i minimi nazionali nelle otto Regioni meridionali, in cambio di assunzioni a tempo indeterminato.
L’Italia come al solito si spacca in due ed il tutto scaturisce da una ricerca della Banca d’Italia, in base alla quale i prezzi nel Mezzogiorno sono più bassi del 16,17%. Ciò, può essere vero se guardiamo ai costi della casa, ma per tutto ciò che concerne le altre esigenze si è assistito ad un livellamento dei prezzi con il Nord.
La Uil asserisce che “le differenze salariali tra Nord e Sud sono nei fatti”, così come è evidente che con il calo della occupazione stabile la quantità complessiva delle retribuzioni nel Mezzogiorno è di gran lunga inferiore. “Con il contratto d’accesso proponiamo uno scambio – spiega Loy – possiamo offrire più flessibilità nel salario, nell’organizzazione del lavoro, dei turni. Le imprese, si impegnerebbero a reinvestire nel territorio, aumentando i livelli occupazionali”. Alle proposte di Lega Nord ed Uil bene fa la Sicilia a rispondere che dobbiamo valutare lo stipendio a condizione che i costi siano più bassi in tutti i settori: il Sud paghi più basse percentuali Irpef, abbia meno costi per la pubblica amministrazione, ecc… Se dobbiamo ridurre riduciamo tutto, non solo gli stipendi. In buona sostanza, oggi si torna a parlare di gabbie salariali, un meccanismo esistito nel secondo dopo guerra ed abolito nel 1969 dopo lunghe battaglie dei sindacati. Ed ora, oltre la Lega Nord, è un sindacato che propone a sostegno dell’occupazione stabile e dello sviluppo del Sud un contratto “ad hoc” un contratto straordinario di accesso “offrendo anche retribuzioni inferiori ai minimi con una deroga temporanea (per legge!) ai contratti nazionali di categoria, per un periodo di cinque anni. Ma la Uil sa che non è solo l’aspetto retributivo a scoraggiare le imprese ad investire al Sud.
Di parere diverso rispetto alla proposte Uil e Lega sono i sindacati Cisl e Cgil. Il segretario regionale Cisl, Maurizio Bernava, si stupisce che ancora qualcuno proponga misure del genere. “C’è troppa discussione ideologica sulla questione meridionale. Il costo del lavoro non può essere visto come elemento incentivante e determinante, affinché un’impresa s’impegni ad assumere lavoratori. Sono contrario ad assumerlo come elemento generalizzato, occorre fare semmai accordi realtà per realtà”.
Si ritorna a vecchi cliché che non hanno funzionato all’epoca. Perché mai dovrebbero funzionare ora? “Ci sono altre priorità – dice Bernava – altre forme di incentivazione per le imprese, in primo luogo la fiscalità di vantaggio che può innescare meccanismi che producono reddito, consumi e investimenti e i contratti flessibili.
Bisogna valutare gli investimenti evitando finanziamenti a pioggia.
I fattori che scoraggiano gli imprenditori ad investire sul nostro territorio sono plurimi: mancanza di convenienze, di servizi di ricerca, di infrastrutture materiali e immateriali, la questione dell’illegalità, la concorrenza sleale che la mafia ti impone e la mancanza di un controllo sul territorio. Per questo occorre introdurre nuovi strumenti”.