Modalità applicative dell’Iva nelle operazioni intracomunitarie - QdS

Modalità applicative dell’Iva nelle operazioni intracomunitarie

Michela Forastieri

Modalità applicative dell’Iva nelle operazioni intracomunitarie

giovedì 03 Gennaio 2013

Il regime “definitivo” resta lettera morta: doveva entrare in vigore nell’ormai lontano 1997. Ancora vigente il regime transitorio che non riesce ad impedire le frodi fiscali

ROMA – Sono già trascorsi venti anni dall’entrata in vigore delle disposizioni che, dopo l’abbattimento delle barriere doganali tra gli Stati aderenti all’Unione Europea, regolano l’applicazione dell’IVA sugli scambi intracomunitari. Queste disposizioni, contenute nel D.L. 331/1993, nello stabilire le modalità applicative dell’IVA per le operazioni “intracomunitarie”, hanno previsto, prima del regime “definitivo”, un regime “transitorio”, destinato a durare fino al 31/12/1996.
In base al regime definitivo, l’IVA dovrebbe applicarsi sempre, e quindi in maniera generalizzata, nel paese comunitario di origine, ossia con il pagamento dell’imposta nel paese di produzione e l’esercizio della detrazione nel paese di destinazione.
In base al regime transitorio, invece, il pagamento avviene nel paese di origine solo nei rapporti tra soggetti d’imposta e consumatori finali. Per le altre operazioni, quelle che avvengono tra soggetti d’imposta comunitari (“business to business”), invece, l’applicazione dell’IVA avviene con un sistema che vede da un lato la cessione considerata “non imponibile” e, dall’altro, l’acquisto assoggettato al pagamento del tributo nel paese comunitario di destinazione del bene, attraverso il meccanismo del “reverse charge” a cura dell’acquirente “identificato”, ossia titolare di posizione IVA.
Dal 1^ gennaio 1997, quindi, il regime transitorio avrebbe dovuto cedere il passo a quello definitivo. Eppure, son passati già sedici anni ed ancora del regime definitivo non se ne parla nemmeno. Continua ad applicarsi ancora, infatti, il regime “transitorio” che, come già detto e come è ben noto, comporta “provvisoriamente” l’applicazione dell’IVA da parte dell’acquirente “identificato” attraverso il sistema dell’inversione contabile utilizzando il documento-fattura emesso dal fornitore residente nell’altro Stato europeo. Un sistema, quello che ancora si continua ad applicare, che non solo non riesce a dare sufficiente chiarezza al sistema di tassazione indiretta negli Stati membri, ma non riesce nemmeno ad impedire numerose frodi fiscali che, purtroppo, attraverso le maglie di questi difficili ingranaggi, continuano a proliferare (le così dette “frodi carosello”) nonostante l’attività di repressione svolta dai singoli governi.
Tanti motivi, quindi, che spingono tutti gli addetti ai lavori ad auspicare una concreta accelerazione dell’armonizzazione fiscale comunitaria anche se, probabilmente, quel regime “definitivo” previsto nel 1993, rinviato già per sedici anni, probabilmente è destinato a non entrare mai in vigore. La Commissione UE, infatti, il 6 dicembre 2011, ha espresso l’opinione che il principio della “tassazione all’origine” delle operazioni Intra UE è politicamente difficilmente attuabile per cui sarebbe opportuna la stabilizzazione definitiva dell’attuale sistema transitorio. In pratica, i motivi politici prevalgono sull’esigenza di chiarezza e di lotta all’evasione.

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