Quella bufala del modello Sicilia - QdS

Quella bufala del modello Sicilia

Quella bufala del modello Sicilia

sabato 02 Marzo 2013

Quattro mesi perduti nel niente

Il ventotto febbraio sono scaduti quattro mesi dal giorno delle elezioni regionali (28 ottobre 2012). Al di là degli annunci e delle buone intenzioni non è stata approvata alcuna legge indirizzata alla crescita del Pil e del lavoro. Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha impiegato questi ultimi due mesi per questioni interne del suo partito, che ha partecipato alla competizione elettorale nazionale.
È ben comprensibile che una macchina disastrata, come quella regionale, non può marciare. Occorreva, quindi, una revisione che ha comportato rotazioni, trasferimenti, nuovi incarichi. Tuttavia, non si è messo mano ai progetti di sviluppo, né sono state nominate le task force per approntarli, come abbiamo pubblicato nel nostro editoriale del 24 gennaio scorso.
La Sicilia non può permettersi di perdere quattro mesi come verosimilmente ne perderà altri due nel tentativo di far approvare un bilancio 2013 tecnicamente falso che serve solo a pagare la spesa corrente.

All’Assemblea regionale il presidente Giovanni Ardizzone sta facendo del suo meglio per attivare i processi di formazione delle leggi. Purtroppo fino ad oggi non ne sono stati impostati, salvo la leggina n. 3/13 che è intervenuta sulla questione delle Ato, senza risolverla.
I rapporti all’interno della stessa Assemblea sono difficili perchè i 15 Grilletti, presieduti da Giancarlo Cancelleri, hanno il compito di scardinare il sistema assembleare, pur avendo dichiarato la disponibilità ad approvare leggi per il taglio della spesa clientelare.
Gli stessi Grilletti (li chiamiamo così perché rappresentano pistole puntate alla tempia dei vecchi partitocrati) hanno dato dimostrazione di buona volontà restituendo la maggioranza dei propri compensi all’Assemblea, con la destinazione ad un fondo per il microcredito, che sarà istituito con la legge di bilancio 2013.
Ma questo non taglia i costi dell’Assemblea stessa che, sul piano tecnico, continua ad erogare per intero tutti gli appannaggi agli stessi Grilletti. Altra e ben più efficace iniziativa sarebbe stato il deposito del ddl per l’abrogazione (e non per la modifica) della legge 44/65 che equipara i compensi dei deputati e dipendenti regionali a quelli del Senato.

 
Solo abrogando tale legge si può realizzare l’equiparazione di tali compensi a quelli delle regioni virtuose.
Peraltro i deputati Pogliese, Caputo e Vinciullo hanno depositato tale ddl, quindi bastava aggiungere la loro firma nello stesso. Non l’hanno fatto per ignoranza o per volontà?
Molti ignorantoni nazionali vanno blaterando del cosiddetto modello Sicilia, come se fosse un’ancora per risolvere il problema gravissimo uscito dalle urne del 24 febbraio.
Tale modello non esiste perché non si è fatto nulla, e il nulla produce il nulla. Se poi tale ipotetico modello Sicilia si riferisse a colloqui sottobanco fra Crocetta e Cancelleri, saremmo ritornati alle riunioni vicino al caminetto di demoscristiana memoria.
Sono tutte questioni inutili: la realtà è una sola, tutto è bloccato sia a livello della Giunta che dell’Assemblea regionali, anche perché non sono state prese decisioni di fondo che riguardano i capitoli di spesa corrente da tagliare col bisturi e non in modo lineare.

Il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, nel forum pubblicato il 19 febbraio 2013, ha confermato che il 6 marzo il ddl sulle Province andrà in aula in qualunque caso. e Ardizzone è uomo di parola.
i grilletti sulla questione sostengono che bisogna attuare, né più né meno l’articolo 15 dello Statuto, che, ricordiamo, è legge costituzionale. Il secondo comma recita: l’ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria.
È un tasto che noi battiamo fin da quando fu approvata la famigerata legge n. 9/86 che istituì le Province regionali con tutti gli apparati politici, appetiti dai partitocrati senza mestiere che hanno scoperto posti di lavoro pagati da noi contribuenti.
Ribadiamo che non siamo per l’abrogazione delle Province, ma per il taglio immediato degli apparati relativi. Per cui la legge in itinere dovrà istituire i Consorzi di comuni, chiamati anche Province consortili, le cui assemblee devono prevedere “zero” indennità per i componenti.

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