Mentre tutto ciò accade, la Sicilia è immobile e continua a scontare i pessimi comportamenti di decenni, irresponsabilmente tenuti da presidenti e Giunte regionali, cui hanno tenuto il sacco i deputati dell’Assemblea regionale e la dirigenza, cioè 1.800 professionisti fermi come statue.
A questo punto non ci sono più scuse. Bisogna che il presidente della Regione, Rosario Crocetta, metta in moto la macchina verso la crescita.
Tutto ruota attorno all’assessore all’Economia, Luca Bianchi, il quale deve inventarsi magie per tentare di fare quadrare i conti. Ma a lui la Giunta di governo deve dare precise indicazioni, frutto di scelte politiche verso quegli indispensabili tagli senza dei quali non possono emergere le risorse per fare investimenti, aprire i cantieri e realizzare infrastrutture, soprattutto nel versante dei trasporti e della logistica.
Senza tali infrastrutture la Sicilia non è competitiva in nessun versante e pertanto non può intraprendere la strada della crescita.
Ma come farà Bianchi a far quadrare i conti se dei circa 16 mld € di entrate ne ha bloccati 14,5 per le uscite obbligatorie? Gli resterebbe solo un miliardo e mezzo per le spese in conto capitale, assolutamente insufficiente permettere in moto l’economia.
Egli non potrebbe contare sul cosiddetto avanzo di amministrazione del quale ancora non ci ha fornito l’elenco, nascondendosi dietro un muro di gomma ingiustificato che rappresenta crediti probabilmente inesigibili. Ma su questo punto attendiamo che l’assessore ci fornisca l’elenco.
Uno dei punti dolenti per formulare il bilancio riguarda le decine di migliaia di precari di Regione ed enti locali che aspirano a diventare dipendenti in pianta stabile.
Equità vorrebbe, lo ribadiamo ancora, che tutti i precari ritornassero indietro,miscelandosi insieme a quei disoccupati e poi, ove occorresse, partecipassero insieme a tutti gli altri alle selezioni legali per entrare nelle Pa regionale e comunali.
Risparmiando su questo versante, non è detto che i precari restino a spasso, perché girando le risorse emergenti all’apertura dei cantieri e al finanziamento delle infrastrutture, anche utilizzando i fondi Ue, ad essi si potrebbe dare un canale preferenziale per l’assunzione nelle imprese che realizzano opere pubbliche e infrastrutture.
Dice qualcuno: ma così dovrebbero cambiare mestiere.Ebbene, sì. Ma il cambiamento del mestiere è una regola ormai nota del progresso di un popolo. Ogni cittadino non si deve appiattire su quello che fa o su quello che sa, ma deve cercare continuamente nuove conoscenze da imparare e dev’essere disponibile a fare nuove attività.
Comprendiamo che questo argomento è di difficile digeribilità, sia per i precari medesimi che per i loro padrini partitocratici, i quali sono stati spazzati via in buona misura dallo tsunami Grillo e, non bisogna dimenticare, dal popolo degli astensionisti, cioè di tutti quegli elettori ormai disgustati dal comportamento fazioso e clientelare di coloro che esercitano indegnamente la politica. Però, la strada è obbligata: o si cresce o simuore.