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Debiti Pa: 6 miliardi da pagare. Alla ricerca della strategia giusta

Debiti Pa: 6 miliardi da pagare. Alla ricerca della strategia giusta

Il 16 marzo 2013 entra ufficialmente in vigore la direttiva 2011/7/Ue, l’Italia c’è (sulla carta). Di questi, 2 miliardi sono quelli vantati dalle imprese nei confronti della Regione

PALERMO – “Tre giorni per trovare i soldi”. Non è una di quelle tipiche frasi da ricatto che caratterizzano un film con protagonisti sanguinari gangster, ma un pensiero costante che si pongono coloro i quali sanno perfettamente che il 16 marzo scade il termine di recepimento della direttiva 2011/7/Ue relativa alla “Lotta contro i ritardi di pagamento nelle transizioni. Niente paura.
 
L’Italia già a novembre scorso ha recepito le istruzioni dell’Europa con il decreto legislativo 192/2012, entrato in vigore l’1 gennaio. A spegnere un po’ l’entusiasmo col quale il decreto era stato salutato dalle imprese, che nei confronti delle Pa vantano un credito di circa 71 miliardi di euro, sono state le critiche mosse al nostro Paese in riferimento all’interpretazione forse troppo flessibile della normativa.
 
L’Ue parla di pagamenti tassativi in 30 giorni e solo in casi eccezionali in 60. Ciò che il Vicepresidente Commissione Ue, Antonio Tajani, ha criticato è stato l’ampio margine di deroga dei casi in cui i pagamenti possono slittare dai 30 ai 60 giorni. Chiariamoci, già la scadenza di 60 giorni, se rispettata, sarebbe un grande traguardo dato che la media nazionale di attesa prima che una fattura venga pagata è di ben 180 giorni, contro i 36 della Germania: un abisso.

La vera perplessità: sbloccare i crediti commerciali?
Ma il vero nodo, che speriamo un qualunque neo-governo sciolga presto, è come applicare veramente la legge, in parole povere: come la Pubblica amministrazione dovrebbe pagare 71 miliardi di euro. Si è ipotizzato di adottare una via che già l’ex primo ministro Gordon Brown aveva seguito nel 2009 istituendo il “Codice del pronto pagamento” sboccando i crediti delle Pa alle aziende. Oggi il tempio medio di attesa è di 43 giorni e sul sito apposito si legge che firmatari sono oltre il 60% del totale delle pmi inglesi. Un esempio di legalità che dovrebbe essere seguito pure dagli enti pubblici nostrani, che tanto predicano per il singolo cittadino e che male razzolano nel proprio orticello.

 
Scongelando i propri crediti la Pa avrebbe un’immediata liquidità di 48miliardi, cifra che secondo il presidente di Confindustria Squinzi permetterebbero almeno 10milardi di investimenti: una vera boccata di ossigeno per le imprese che stentano a sopravvivere. Chiaramente dovrebbe seguire una fase di riforme strutturali del mondo del lavoro. Ma è sempre un’ipotesi. Sono vie difficilmente percorribili se non si forma un Governo stabile.
Il problema principale è probabilmente il fatto che la maggior parte dei crediti delle imprese sono verso gli enti locali e il vincolo di pagamento di 30/60 congiunto ad uno scioglimento degli obblighi commerciali potrebbe arrecare seri danni al bilancio, rischiando di violare il patto di stabilità interno. Ma qui urge fare una distinzione tra le amministrazioni che si sono comportare in modo corretto e quelle che invece hanno abusato delle risorse disponibili. Facendo gli opportuni distinguo si renderebbero possibili interventi di emersione in deroga al patto di stabilità per le Pa “sane”, per quelle invece “malate” si dovrebbero fare sanzioni da coniugare al contesto economico.

La carezza dei Trinacria Bond

Su 6 miliardi di € di crediti delle imprese nei confronti delle aziende dello Stato 500 milioni sono meno di una boccata d’aria. è quanto la vendita dei buoni emessi dall’Irfis, a garanzia della vendita e della dismissioni di una parta del patrimonio immobiliare e degli enti provinciali abrogati, dovrebbe portare nelle casse dell’erario siciliano.
L’unico punto che ha suscitato la polemica è il passaggio di competenze alla Irfis da parte della Crias, ente di sostegno dell’artigianato e delle cooperative che potrebbe essere privato della liquidità necessaria.