Tuttavia, vigendo in Italia la libertà di insegnamento, niente vieta ai docenti, di qualunque ordine e grado, di intrattenere i propri allievi sulle regole civiche, prime fra le quali quelle costituzionali. Molti bravi insegnanti lo fanno, tanti altri se ne infischiano perché essi stessi non conoscono la Carta costituzionale. Peraltro il ceto politico, salvo rare citazioni, non si riferisce quasi mai alla Magna Charta, mentre ogni loro atto e gesto dovrebbe essere improntato ai suoi indirizzi.
“Leggere la Costituzione”, ma tutta. Una parte integrante e importante di essa è lo Statuto della Regione siciliana, ben diverso da quello delle altre quattro regioni a Statuto speciale, anche per l’origine pattizia che esso ha, nel momento in cui i Padri costituenti si accorsero che era l’unico modo per tenere la Sicilia legata all’Italia.
Leggere e attuare lo Statuto autonomista e costituzionale non è un invito specifico pervenuto dal Presidente della Repubblica, anche se dobbiamo ritenere che il suo invito comprenda anche la lettura dello Statuto siciliano.
La questione si trova nella sua mancata attuazione, per cui i siciliani sono stati contenti e gabbati. Contenti, perché allora firmarono un accordo, appunto lo Statuto, che prevedeva prerogative adeguate; gabbati, perché tale accordo è stato stracciato ripetutamente ed ancor oggi non viene osservato.