Ue, lotta all’evasione fiscale. Mille miliardi da recuperare - QdS

Ue, lotta all’evasione fiscale. Mille miliardi da recuperare

Roberto Quartarone

Ue, lotta all’evasione fiscale. Mille miliardi da recuperare

giovedì 23 Maggio 2013

Sonia Alfano: “Dietro questo fenonemo non solo singoli contribuenti ma anche organizzazioni criminali”. In Sicilia, nel 2012 le entrate indebitamente sottratte allo Stato sono state pari a 1,4 mld

STRASBURGO – L’obiettivo è dimezzare i mille miliardi di euro (duemila euro a cittadino) di evasione fiscale entro il 2020: al Parlamento europeo si è parlato nei giorni scorsi di frodi ed evasione e dei modi per limitare il fenomeno. Il problema, purtroppo, è rappresentato, oltre che dei metodi classici, anche dall’“evasione legale”, cioè da chi aggira la legge sfruttando i cavilli e i buchi legislativi.
Il problema è grave anche in Sicilia. Le linee guida della Guardia di Finanza regionale sono “l’individuazione dei casi più gravi, evitarne la prosecuzione nel tempo, garantire all’erario la pretesa”, secondo quanto ha dichiarato il comandante regionale Fabrizio Cuneo al QdS lo scorso febbraio. Anche se si è registrata una diminuzione, in Sicilia sono stati evasi 233 milioni di euro di Iva, sono stati frodati 48,7 milioni di euro di fondi comunitari, con un danno erariale totale accertato di 325 milioni di euro. L’Agenzia delle Entrate ha recuperato ben 1,4 miliardi di euro nel 2012.
In Europa, intanto, si guarda oltre. La lotta all’“aggressive tax planning” (la Commissione europea la definisce come il metodo che sfrutta “a proprio vantaggio gli aspetti tecnici di un sistema fiscale o le disparità esistenti fra due o più sistemi fiscali al fine di ridurre l’ammontare dell’imposta dovuta”) è una nuova sfida che la legislazione europea dovrà affrontare. Dipenderà però tutto dagli Stati membri, perché sono loro i diretti responsabili del regime fiscale.
“L’evasione fiscale transfrontaliera è un fenomeno allarmante – spiegava in aula Giovanni La Via, eurodeputato catanese del Pdl/Ppe –. Ci vuole un confronto costruttivo tra i leader europei: si deve mirare a un equilibrio di bilancio che tenga in considerazione l’equità. Non dobbiamo dimenticare la via d’uscita dalla crisi: riforme strutturali, si devono mettere in atto degli incentivi per l’occupazione. I capi di Stato dovranno rilanciare la competitività del sistema Europa salvaguardando famiglie e fasce più deboli. Non potremo far di più con meno risorse”.
“Il buco di mille miliardi di euro nel bilancio annuale dell’Unione – ha spiegato invece Sonia Alfano, presidente della Commissione Speciale Antimafia Ue –, stima a mio avviso al ribasso, non è stato causato soltanto dall’evasione fiscale ad opera di singoli contribuenti, ma da vere e proprie organizzazioni criminali. Sappiamo che in Europa le più grandi banche sono sotto inchiesta per elusione fiscale e noi stiamo colpendo i cittadini in nome dell’austerità e del rigore: il rigore dovrebbe essere applicato per imporre trasparenza e regole chiare e severe ai colossi finanziari e ai sistemi bancari. L’Italia ha inventato uno strumento finanziario criminale quale lo scudo fiscale, al solo fine di agevolare il rientro di capitali illeciti frutto di attività criminali.
 
Su questo il Parlamento europeo e i ministri europei hanno taciuto. Per essere credibili dobbiamo colmare subito il vuoto normativo. La commissione Crim, che ho l’onore di presiedere, ha già individuato diversi paradisi fiscali tra gli Stati membri e chiederà sanzioni esemplari”. Mentre la Commissione ha espresso un parere positivo alla proposta dei parlamentari di aumentare lo scambio di informazioni, aadesso la palla passa al Consiglio europeo, che metterà insieme i 27 Paesi per cercare di trovare una strategia comune.
 


La Via (Ppe): “Pagare per chi non lo fa pesa di più sui deboli”
 
STRASBURGO – “È fuor di dubbio che oggi ancora ci siano dei Paesi europei nei quali il livello di imposizione fiscale non è equo e ci sia una forte evasione fiscale”. Il capo della delegazione italiana del Ppe, Giovanni La Via, dà al QdS la sua ricetta. “È di fatto una penalizzazione enorme dei cittadini e delle fasce più deboli, che devono pagare per chi non lo fa. Noi condividiamo pianamente che si debbano fare passi avanti a livello europeo”.
Quali sono i passi da fare?
“Non possiamo imporre nuove tasse: le risorse vanno trovate combattendo l’evasione, che è pari a un bilancio settennale dell’Ue. Il primo passo è un’armonizzazione interna per riverberarla sul piano esterno, partendo da un maggiore scambio di informazioni tra banche e Stati europei. Solo dopo dovremo andare a parlare con i paradisi fiscali”.
È il Consiglio europeo che ha l’ultima parola?
“Non è materia pienamente delegata, devono decidere i 27 Paesi. Ma in due ore di Consiglio poco si può fare”.

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