Secondo una classifica di Unioncamere l’Isola è l’ultima fra le regioni italiane per l’apporto delle imprese che operano nel settore. Nonostante alcune eccellenze l’immenso patrimonio è sottoutilizzato, ne risente il valore aggiunto regionale
PALERMO – La Sicilia è ultima in Italia per l’apporto delle imprese che operano nel settore culturale sul totale del valore aggiunto regionale. Per l’Isola calza a pannello l’adagio con la “Cultura non si mangia”. E infatti, secondo il rapporto 2013 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere, in Sicilia l’apporto del sistema produttivo culturale è pari al 3,3% del totale del valore aggiunto della regione, contro il 6,8% del Lazio ed il 6,4% delle Marche.
Un’analisi impietosa che rispecchia la cruda realtà: la mancanza di valorizzazione del nostro patrimonio artistico e paesaggistico che si traduce pure in perdita di posti di lavoro. E questo nonostante la Sicilia conti da sola il 30% dei beni archeologici italiani. Un’occasione persa per le imprese che lavorano in questo campo, considerato che la cultura frutta all’intero Paese il 5,4% della ricchezza prodotta, equivalente a quasi 75,5 miliardi di euro, e dà lavoro a quasi milione e quattrocentomila persone, ovvero al 5,7% del totale degli occupati.
Estendendo il calcolo dal sistema produttivo culturale privato anche a quello della Pubblica amministrazione e del no-profit, il valore aggiunto della cultura arriva a 80,8 miliardi, pari al 5,8% dell’economia nazionale. Nel 2011 la quota era pari a 5,7%. Nonostante le difficoltà, il sistema produttivo culturale ha dato prova di una certa capacità di reazione anticiclica. E allargando lo sguardo dalle imprese italiane che producono cultura in senso stretto – ovvero industrie culturali, industrie creative, patrimonio storico-artistico e architettonico, performing arts e arti visive – a tutta la ‘filiera della cultura’ ossia ai settori attivati dalla cultura, come il turismo legato alle città d’arte, il valore aggiunto prodotto dalla cultura schizza dal 5,4 al 15,3% del totale dell’economia nazionale.
Il sistema produttivo culturale vanta infatti un moltiplicatore pari a 1,7: come dire che per ogni euro di valore aggiunto prodotto da una delle attività di questo segmento, se ne attivano, mediamente, sul resto dell’economia altri 1,7. In termini monetari, ciò equivale a dire che gli 80,8 miliardi di euro prodotti nel 2012 dall’intero sistema produttivo culturale, riescono ad attivarne quasi 133 miliardi, arrivando così a costituire una filiera culturale intesa in senso lato di circa 214 miliardi di euro.
L’intreccio tra bellezza, creatività, innovazione, saperi artigiani e manifattura ha fatto di Arezzo la propria capitale. La provincia aretina si conferma al primo posto sia per valore aggiunto, che per occupati legati alle industrie culturali (rispettivamente 8,4% e 9,9% del totale dell’economia). Nella classifica provinciale per incidenza del valore aggiunto del sistema produttivo culturale sul totale dell’economia, seguono Pordenone (8,2%), Pesaro e Urbino (8,1%) e Milano (7,9%). Quindi Vicenza con il 7,8%, Treviso al 7,5%, Roma a quota 7,4%, Macerata al 7%, Pisa e Verona entrambe al 6,8%.
Male, anzi malissimo le città siciliane, con Palermo che vanta un patrimonio monumentale non indifferente, che si colloca all’87° posto, superata persino da Vibo Valentia (44esima) e dal Lodi (47esima). Anche Agrigento non brilla. Nonostante valga un patrimonio inestimabile come la Valle dei Templi, meta ogni anno di flotte di turisti, si colloca al 90° posto. Basti guardare il Parco archeologico di Selinunte, in totale stato di abbandono, per capire il perché la Sicilia è agli ultimi posti.