Toponimo che in greco-bizantino significa “ramoso” per la presenza di folti boschi
Una città di origine bizantina, sepolta due volte dalla lava dell’Etna. La storia di Mascali è segnata dalle eruzioni del vulcano e dai terremoti, che devastarono l’antico borgo prima nel 1693 e poi, di nuovo, nel 1928. Finché negli anni Trenta il regime fascista decise di ricostruirla più a valle, vicino al mare, lasciando in vita del vecchio abitato solo il periferico quartiere cittadino di Sant’Antonino, oggi frazione.
Furono i Bizantini, dopo la riconquista della Sicilia, a chiamare quel posto Mascali, toponimo che in greco-bizantino significa “ramoso”, per la presenza in loco di meravigliosi boschi, che lo rendevano territorio ideale di caccia. Col passare dei secoli, Mascali da casale si trasformò in villa, fino a divenire città: già nella prima metà del secolo XII il geografo arabo Idrisi ne decantava la prosperità, la laboriosità delle popolazioni e la ricchezza di acque.
Cacciati gli Arabi, il re normanno Ruggero II donò Mascali alla diocesi di Catania. Nel 1543 il vescovo di Catania Niccolò Maria Caracciolo assunse il titolo di conte di Mascali, su investitura dell’Imperatore Carlo V, e i suoi successori continuarono a governare il borgo fino all’avvento dei Borbone. Il terremoto del Val Noto del 1693 distrusse gran parte del centro anche se la maggior parte degli abitanti, che si trovavano in processione, si salvò. Mascali non fu ricostruita a valle, a causa del terreno paludoso della piana sottostante.
Di quell’antico borgo resta ben poco. La nuova Mascali, sorta negli anni Trenta, ha un impianto urbanistico di stile fascista, con ampie strade ortogonali ed imponenti edifici, alcuni dei quali opera dell’ingegnere siciliano Camillo Autore, al quale si deve anche la realizzazione della chiesa Madre. L’edificio religioso, che sorge nei pressi della Casa del Comune di impronta fascista, è intitolato al patrono San Leonardo Abate, la cui statua settecentesca assieme alla reliquia d’argento contenente l’ulna sono custodite all’interno. Il culto del Santo di origine francese è molto sentito in varie zone della Sicilia, ed in particolar modo dalla comunità di Mascali che da sempre ha un forte legame con il suo patrono. Il 5 febbraio del 1865, durante l’eruzione del vulcano, il simulacro del Santo fu portato in processione riuscendo a fermare la lava vulcanica che minacciava il paese. Un piccolo gioiello architettonico è la chiesetta denominata “Nunziatella”, che si trova nella frazione Nunziata, e che si pensa facesse parte un tempo di un monastero basiliano. Risale al periodo normanno e all’interno è impreziosita da affreschi bizantini, risalenti alla seconda metà del XII secolo, di notevole valore artistico e storico. Uno di questi si trova nell’abside e raffigura il Cristo giovanetto. E’ stato scoperto nel 1939 dal professore Enzo Maganuco, docente di storia dell’arte presso l’Ateneo di Messina, che pensò che si trattasse di un frammento di un ciclo di immagini della vita di Cristo. Nei pressi della chiesa, inoltre, durante alcuni lavori sono stati portati alla luce i resti di una basilica cristiana, con tracce di splendidi mosaici policromi nella navata centrale.