“In nessun modo – spiega Calogero Foti, capo del dipartimento – non abbiamo poteri particolari. Speriamo di poter cambiare la legge 14/98 di Protezione civile della Regione siciliana, ma questo è un aspetto che riguarda la componente politica e non quella tecnica, che invece ci compete. Possiamo solo offrire suggerimenti su strategie ed interventi da fare. Le modifiche alla legge spettano a Governo e Parlamento, persino a livello nazionale non è previsto un obbligo particolare per i Comuni, solo di recente è cambiato qualcosa in base alla legge 225/92 attuata con la legge nazionale numero 100 del 12 luglio 2012. Ma il punto è che questa non prevede un’attività sanzionatoria nei confronti dei comuni inadempienti”.
“Abbiamo inviato a Roma, agli inizi del mese di agosto, tutta la documentazione relativa alla situazione dei Piani di protezione civile regionali ma, dato il periodo, chiaro che ci sarà stato un rallentamento”.
“Con la Regione siciliana ci stiamo muovendo incentivando e finanziando gli studi di micro zonazione sismica, così da poter verificare che tipo di modifica potrebbe avere il moto ondoso sismico in caso di terremoto. Ci sono, infatti, dei terremoti che amplificano gli effetti e questo dipende evidentemente dalle caratteristiche del terreno. Laddove ci sono, ad esempio, depositi alluvionali, vecchi corsi d’acqua, il moto sismico viene amplificato con effetti più dannosi. è chiaro che lì non bisognerebbe costruire o quanto meno farlo usando modalità di edificazione antisismiche. E qui rientriamo in un altro campo, in cui determinati Piani di protezione civile devono assolutamente esser fatti propri dai piani urbanistici e regolatori. Evidentemente, le due cose devono camminare in assoluta simbiosi”.
“Spesso fare il piano di Protezione civile non costa niente, la prima cosa da fare è individuare lo scenario. E questo penso che qualunque cittadino, e a maggior ragione i tecnici, sa quali sono le criticità del proprio territorio. è pur vero che, con i sistemi informatizzati e aggiornati di oggi, anche un tecnico comunale potrebbe incontrare difficoltà. Il punto è che nella Protezione civile è assolutamente indispensabile l’utilizzo di questi sistemi perché aiutano la condivisione dei dati. è un problema di formazione, di aggiornamento che stiamo risolvendo anche inviando nostri tutor in supporto dei Comuni. Ma sia chiaro, che sono questi a conoscere meglio il territorio e le problematiche ad esso correlate, e mai noi potremmo sostituirci ad essi. Se infatti, io redigo un piano di Protezione civile sostituendomi al Comune, nel momento in cui si verifica un evento calamitoso che richiede l’attuazione di determinate procedure che sono all’interno del piano e che sono state redatte da altri, il Comune non le conoscerà. Se invece questo si sforza di redigere e applicare un piano, saprà poi come comportarsi”.
“Gli edifici strategici sono contenuti nei Piani di protezione civile, quindi tutti i Comuni che hanno redatto il piano, hanno anche individuato gli edifici strategici”.
“Abbiamo una serie di ordinanze di protezione civile che nel tempo si sono susseguite, che hanno permesso al dipartimento di finanziare gli studi di verifica con parecchi milioni di euro. Abbiamo fatto dei lavori di adeguamento soprattutto negli ospedali che, fra gli edifici strategici, rappresentano quelli di maggiore attenzione”.
“Abbiamo una serie si mappature delle aree a rischio, ma noi non interveniamo sulla messa in sicurezza del territorio, di cui invece si occupano altri dipartimenti. Noi siamo vocati all’intervento in situazione emergenziale, nella gestione dell’evento calamitoso”.