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Con la rendita immobiliare non si fa business in Sicilia

Oriana Sipala

Con la rendita immobiliare non si fa business in Sicilia

martedì 10 Settembre 2013

I dati del rapporto “Gli immobili in Italia 2012” a cura del Dipartimento Finanze, ministero Economia. Nell’Isola il valore complessivo del patrimonio residenziale è di 353,6mld di euro

ROMA – Avere un tetto sulla testa è una necessità basilare per ogni essere umano. Quanto poi sia esteso questo tetto, quanto valga e quanto costi mantenerlo è cosa che varia da contesto a contesto. Lo ha rilevato lo studio “Gli immobili in Italia 2012” ultima versione del gennaio 2013, a cura del Dipartimento Finanze del Mef dal quale emergono dati assai diversificati tra le varie regioni italiane.
Innanzitutto risulta che i proprietari degli immobili possono essere persone fisiche (Pf) o persone non fisiche (Pnf), come ad esempio enti, istituzioni, società, ecc. Ciò significa che molte strutture vengono utilizzate per finalità diverse rispetto a quella abitativa. In Sicilia, il valore delle abitazioni di proprietà di Pf ammonta a 323,2 miliardi di euro, mentre quello di proprietà di Pnf è nettamente inferiore ed equivale a 20,5 miliardi di euro. In cifre percentuali si tratta di un abbondante 94% contro il 6% di abitazioni Pnf.
 
Rispetto al dato nazionale è possibile notare come la nostra Isola si discosti di circa il 3%: in Italia le abitazioni di proprietà Pf corrispondono al 90,8%, mentre il restante 9,2% è la quota di abitazioni Pnf. Dopo il Molise (5,4%) e le Marche (5,7%), la Sicilia risulta la regione con il minor numero di abitazioni Pnf. Il Lazio, la Lombardia e il Trentino Alto Adige, invece, sono le regioni con la quota più alta di abitazioni Pnf (rispettivamente 13,4%, 12,1% e 10,4%). Vale a dire: più enti, più spazi per le istituzioni, più servizi.
Tralasciando la distinzione tra abitazioni Pf e Pnf, il valore complessivo del patrimonio residenziale (che tiene conto anche delle pertinenze, ovvero di depositi, garage, cantine e soffitte) in Sicilia è il seguente: 353,6 miliardi di euro, distribuito in una quota territoriale del 5,5%. Prendendo in considerazione il Pil del 2009 di ogni singola regione e rapportandolo al valore complessivo del patrimonio residenziale, viene fuori un indice che ci fa capire quali regioni presentano un più spiccato orientamento verso la rendita immobiliare. Nell’apice della classifica abbiamo la Liguria e la Valle d’Aosta, con un indice rispettivamente pari a 7,4 e 7,2. In Sicilia il punteggio scende a 4,1, un valore leggermente più basso rispetto a quello nazionale che è pari a 4,3. In linea con l’intera penisola, la Sicilia, dunque, non sembra puntare molto sul business immobiliare.
Altro fattore da non trascurare è se il proprietario di un’abitazione risieda o meno nello stesso Comune in cui questa è ubicata. Secondo le stime riportate dal Dipartimento delle Finanze, le abitazioni di proprietà di Pf residenti nello stesso Comune di ubicazione dell’immobile sono il 78,8%, contro il 21,2% delle abitazioni di proprietà di Pf che risiedono in un Comune diverso. È interessante notare che, nel primo caso, il valore medio dell’abitazione si aggira intorno a 189.500 euro, mentre nel secondo caso tale valore scende a 161.300 di euro. In altre parole, le abitazioni di proprietari che vivono all’interno dello stesso Comune di ubicazione dell’immobile hanno tendenzialmente un valore maggiore rispetto alla seconda categoria sopra indicata. Fanno eccezione la Liguria e la Valle d’Aosta dove, non solo c’è un alto numero di immobili i cui proprietari risiedono altrove, ma tali immobili sono assai pregiati e hanno un valore altissimo. La spiegazione sta nella significativa vocazione turistica di tali regioni, pronte ad accogliere molti visitatori in tali immobili di lusso. E la Sicilia? Pur avendo grandi potenzialità turistiche, la nostra terra sembra non sfruttarle appieno. Il numero di abitazioni appartenenti a soggetti che risiedono fuori dalla Sicilia è pari al 5,8% e il loro valore equivale al 4,9%, contro il 31% della Valle d’Aosta e il 19,2% della Liguria.
I dati finora rilevati ci offrono, dunque, una conferma di quanto diversa sia la situazione socio-economica tra il Nord e il Sud, oltre che un’idea del disomogeneo mercato immobiliare italiano.
 

 
Superficie. Al di qua dello Stretto la media è di 110,3 mq

Il valore di un’abitazione, si sa, dipende anche dalla sua superficie. In Sicilia la superficie media di un’abitazione è di 110,3 mq, mentre il valore medio per unità di superficie è pari a 1.025 euro. Moltiplicando i due fattori viene fuori il valore medio di un’abitazione siciliana (Pf o Pnf), che equivale a 113.058 euro. Un valore nettamente inferiore rispetto alla media nazionale. Infatti, il valore medio di un’abitazione in Italia è di 182.910 euro. I valori più bassi si registrano proprio nelle regioni del Sud: in Calabria una casa vale mediamente 84.800 euro, in Molise 88.073 euro e in Basilicata 89.142 euro.
Cifre altissime si hanno invece nelle regioni del Centro e del Nord: in Liguria, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Lazio e Toscana si hanno valori medi che superano abbondantemente i 200.000 euro. Tra le regioni del Sud fa eccezione la Campania, con un valore medio di 198.789 euro.
Il trend è confermato anche se si considerano solo le grandi città della penisola con oltre 250.000 abitanti. A un’analisi comparativa, Catania e Palermo non ci fanno una bella figura.
Nelle due città siciliane il valore medio di un’abitazione è rispettivamente di 174.763 euro e di 199.981 euro, mentre i valori medi delle abitazioni di Bologna, Firenze, Napoli (unica città del Sud a fare eccezione), e Roma, si aggirano intorno a cifre che superano i 300.000 euro.
In alcune di queste città, inoltre, si è registrata rispetto al 2009 una diminuzione del valore medio dell’abitazione.
Parliamo di Bologna, Firenze, Napoli, Roma, Palermo (-1,22%) e Catania, in cui si ha il calo maggiore pari a -4,6%.
 


In case di proprietà il 78,2% di famiglie al Sud mentre al Nord c’è il maggior numero di affitti
Per rilevare la situazione degli immobili italiani e il loro utilizzo sul territorio nazionale, lo studio del Dipartimento delle Finanze ha incrociato i dati catastali con quelli delle dichiarazioni dei redditi nelle loro diverse forme (Unico, 730, Cud).
I risultati riportati nello studio tengono conto solo delle unità immobiliari di persone fisiche, in quanto a un’altissima percentuale di immobili di proprietà delle persone non fisiche (99,7%) non è stato possibile attribuire alcun utilizzo. Ciò si verifica perché, a differenza delle Pf, le Pnf non sono tenute alla compilazione del quadro relativo al reddito dei fabbricati.
Detto questo, si analizzino i dati relativi all’utilizzo degli immobili Pf e alle differenze intercorrenti tra Nord, Centro e Sud. Una nota va messa in evidenza relativamente al Sud, dove si riscontra il maggior numero di unità presenti negli archivi catastali ma non riscontrate nelle dichiarazioni dei redditi. Infatti, il dato relativo agli immobili Pf non dichiarati si aggira intorno al 5%, contro l’1,8% del Nord e il 2,9% del Centro. Diversi fattori spiegano tale fenomeno: errori o incoerenze negli archivi, presenza di immobili di proprietà di persone residenti all’estero, evasione.
Il numero di abitazioni principali sul totale delle abitazioni Pf risulta più basso al Sud: 62,6%, contro il 64,5% del Nord e il 67,3% del Centro.
Tuttavia, c’è anche da dire che il numero di famiglie che risiede in abitazioni di propria appartenenza è più alto al Sud: 78,2% rispetto al 74,9% delle regioni settentrionali.
Non è un caso che proprio al Nord si abbia un maggior numero di affitti: qui si concentra infatti il 42% circa dello stock nazionale locato.
Un dato ancora più interessante è quello che riguarda le cosiddette “seconde case”, ovvero quelle abitazioni che non sono destinate alla residenza delle famiglie.
Al Sud e nelle Isole la quantità di tali immobili equivale al 30,6%, mentre il dato delle regioni del Centro e del Nord supera di poco il 20%. Questa sensibile differenza si deve principalmente a due fenomeni: le seconde case sono spesso case di villeggiatura in zone a vocazione turistica come la Sardegna, ma anche case disabitate a causa di un accentuato fenomeno di spopolamento o di migrazione interna, che avviene soprattutto nelle zone dell’entroterra meridionale.
 


Gettito Imu 2012. Appena il 18% proviene da Sud e Isole
Parlando di immobili, il discorso non poteva che vertere sull’Imu. Quanto è costata ai contribuenti quest’imposta tanto discussa? Si stima che il gettito da essa derivato sia di 18,1 miliardi di euro, di cui 3,3 miliardi derivati dai versamenti sulle abitazioni principali. Le diverse aree territoriali italiane non hanno contribuito allo stesso modo: il gettito Imu proveniente dal Nord è pari al 54,8%, 27% al Centro, 18% al Sud e nelle Isole. Un dato così basso si spiega in due modi: l’importo medio dell’Imu al Sud è pari a 441 euro, contro i 682 euro del Nord e i 746 euro del Centro.
Nelle regioni del Meridione e nelle Isole, inoltre, si ha una quota di contribuenti minore (26,1%) rispetto al Nord (50,9%). Questi dati tengono conto complessivamente degli immobili Pf e Pnf. Prendendo in considerazione solo gli immobili Pnf, si ricavano osservazioni interessanti. Al Nord il gettito Imu degli immobili Pnf è pari al 62%, 28% al Centro, e uno scarso 9,2% al Sud. Ciò conferma la tesi iniziale: gli immobili Pnf sono numericamente superiori al Nord, dove enti e istituzioni, evidentemente, hanno lo spazio che meritano.

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